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Il libanese che ama Teheran ora si dichiara "non colpevole"

Il 24enne aveva vissuto in California da parenti. Aveva la patente falsa di un leader degli Hezbollah

Il libanese che ama Teheran ora si dichiara "non colpevole"

Hadi Matar era entrato con regolare biglietto ad assistere alla conferenza di Salman Rushdie alla Chautauqua Institution. Ma le sue intenzioni erano altre. Dopo aver compiuto un viaggio lungo sette ore (non si sa con quale mezzo) è salito sul palco e attaccato con furia inaudita, con un coltello, lo scrittore anglo-indiano. Il profilo del 24enne, sembrerebbe quello di un individuo radicalizzato. Pare che fosse in possesso di una patente falsa intestata a Hassan Mughnyah, lo stesso cognome del capo militare dell'Hezbollah sciita ucciso dal Mossad nel 2008. Sembra infatti che Matar sia libanese (forse nato nel sud del Paese dei cedri, ad Aain Qana), avrebbe trascorso un periodo in California da alcuni parenti prima di trasferirsi a Fairview, a mezz'ora da Manhattan. E, soprattutto, avrebbe simpatie per le autorità iraniane, le stesse che in passato avevano inneggiato alla morte dell'autore «blasfemo».

Rushdie, infatti, è da almeno 30 anni nel mirino dei fondamentalisti islamici e dell'ayatollah Khomeini, che l'anno dopo la pubblicazione del famoso libro «Versi satanici», considerato da una parte dell'islam offensivo nei confronti del profeta Maometto, emise una fatwa (una sentenza di morte) nei suoi confronti. L'ordine di uccidere Rushdie venne emesso il 14 febbraio del 1989. Il regime iraniano non ha mai ritirato quell'ordine. Contro Rushdie è stata anche offerta una taglia di tre milioni di dollari come ricompensa per la sua morte. Secondo le prime indagini in passato Matar ha pubblicato più volte sui social post di sostegno all'Iran e ai Guardiani della Rivoluzione, e anche manifestato apprezzamento per forme varie di estremismo sciita. Sul suo profilo twitter ci sono foto del comandante dei Pasdaran Qassem Soleimani e di Khomeini. Sul quotidiano conservatore iraniano Kayhan si legge: «Congratulazioni a quest'uomo coraggioso e consapevole del dovere che ha attaccato l'apostata e vizioso Salman Rushdie. Baciamo la mano di colui che con un coltello lacerò il collo del nemico di Dio». Il direttore di Kayhan è nominato direttamente dalla suprema guida spirituale iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei.

I federali credono che Matar abbia agito da solo, anche se sulla scena del delitto c'erano oggetti che potrebbero fornire tracce di un qualche elemento organizzativo. C'era uno zaino situato sulla scena e c'erano anche dispositivi elettronici. A Fairview, la località dove il 24enne si era trasferito a vivere, ci sarebbero la madre e il fratello, secondo ricostruzioni non confermate. Venerdì, la casetta a schiera a due piani situata al 417 di Morningside Avenue, dove i tre vivrebbero è stata circondata da molti curiosi, sorvolata da decine di elicotteri e perquisita dagli agenti dell'Fbi, che hanno interrogato i vicini e la famiglia. In un tweet, Mohammad Marandi, consigliere della squadra di negoziatori sul fascicolo nucleare, ha scritto: «Non verserò lacrime per uno scrittore che attacca con odio e disprezzo infinito i musulmani e l'Islam», e ha definito Rushdie una «pedina dell'impero che si atteggia a romanziere postcoloniale».

La settimana prossima dovrebbero riprendere i colloqui a Vienna e l'attentato a Rushdie torna a gettare una luce cupa su Teheran.

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