
Luciano Violante da giovane faceva il magistrato. Si occupò del terrorismo rosso e nero. Poi, chiamato da Berlinguer, è diventato un dirigente del Pci. È stato presidente della Camera, si è sempre occupato di giustizia. E sulla giustizia ha posizioni molto nette, piuttosto vicine a quelle della sinistra. Partiamo dallo scandalo milanese.
L'incursione della magistratura rischia in qualche modo di bloccare lo sviluppo di Milano?
"Sicuramente l'ha bloccato. Poi se l'intervento sia giustificato o meno, non lo so. Le posso dire che io non ho ben capito quale sia il reato che viene contestato al sindaco Sala".
Sala ha fatto bene a non dimettersi?
"Ha fatto bene. L'avviso di garanzia dovrebbe essere una garanzia per chi lo riceve. Non è un capo di imputazione. Altrimenti si raggiunge il risultato contrario alla garanzia".
Lei ricorda l'atteggiamento della sinistra sulla vicenda Toti, fece addirittura una manifestazione a Genova contro di lui e oggi si scopre garantista con Sala. Giustizialismo e garantismo a fasi alterne?
"La politica agisce secondo il principio di convenienza. La politica di qualunque colore".
Come la legge l'assalto giustizialista dei Cinque stelle anche rispetto alle inchieste che stanno colpendo il Pd sia a Milano che nelle Marche?
"Partiamo dal concetto che non condivido i termini giustizialista e garantista: appartengono alla polemica non all'analisi scientifica. Sui Cinque Stelle io penso una cosa semplicissima: nella loro carta d'identità c'è un approccio molto vicino a quello della magistratura inquirente, è una caratteristica che sta dentro il loro modo di essere, fa parte dei caratteri fondativi di quel partito".
Ed è ragionevole?
"Non la condivido ma la rispetto. La politica deve mantenere una propria autonomia di giudizio. Non deve schiacciarsi sulle posizioni dell'accusa perché chi decide è il giudice, non il pubblico ministero. Quante giunte sono cadute per accuse poi rivelatesi infondate? Penso per esempio alla Basilicata; cadde la giunta di centro sinistra per accuse poi rivelatesi infondate. Ma nel frattempo vinse le elezioni il centro destra. Ci saranno certamente esempi di carattere opposto. I giudici si occupino dei processi e i politici si occupino delle giunte".
Un esempio?
"Bibbiano. È stata montata una campagna che è durata mesi e che ha portato danni gravi alla reputazione di persone che poi sono risultate innocenti".
Una riforma della giustizia necessaria oggi quale sarebbe per lei?
"Sicuramente c'è il problema di rendere veloci i processi".
Separazione delle carriere?
"Credo che la riforma Cartabia, che prevedeva che si potesse cambiare funzione soltanto una volta e solo nei primi 10 anni, non fosse sbagliata. Attuava la separazione però nel frattempo stabiliva che se io vinco un concorso in magistratura, poi comincio a fare il pm ma mi accorgo che non mi sento adatto per farlo, beh, in quel caso ho una possibilità di passare da Pm a giudice o viceversa".
E sui due Csm cosa pensa?
"Che sarebbe meglio lasciare un solo Csm con due sezioni distaccate, una per i pm e una per i giudici".
Non crede che i Pm siano una casta?
"Io dico che dopo la riforma ci troveremo davanti a una iper-casta, che produrrà maggiori danni rispetto a quelli ai quali siamo di fronte oggi. Per come è stata fatta la separazione delle carriere, si tratta di una riforma suicida. E poi ritengo che il sorteggio dei magistrati sia una pia illusione che non cancellerà il sistema delle correnti".
Cosa è che non va nel dibattito politico sulla giustizia?
"Sulla giustizia noto da tutte le parti una prevalenza delle ideologie. Temo la perdita dei fondi del PNRR dovuta alla lentezza dei procedimenti. Per quanto il CSM si sia dato da fare per fare concorsi per i magistrati, ancora non ci siamo e rischiamo di perderli. E questo è un problema grave".
Il ministro Nordio ha ribadito di voler intervenire sulla carcerazione preventiva.
"Sicuramente occorre una maggiore prudenza nella custodia cautelare quando non strettamente necessaria. Una prudenza come in tutti i casi nei quali si usano mezzi limitativi della libertà e mezzi che incidono sulla reputazione. Io ritengo che un grande diritto della modernità sia il diritto alla reputazione dei cittadini, non sufficientemente salvaguardato. Quando l'informazione diventa l'altoparlante delle Procure della Repubblica, si apre un problema di civiltà".
Di chi è la colpa?
"Forse c'è un problema di etica professionale sia da parte di alcuni giornalisti sia da parte di alcune Procure".