L'incontro con le Regioni, poi vola a Bruxelles per il Consiglio europeo. Sotto la lente ci sarà la legge di Stabilità: «Puntiamo alla crescita»

RomaC'è l'Europa, salta il Consiglio dei ministri. Nessun giallo, come da qualcuno ipotizzato: una semplice questione di priorità. Il premier Matteo Renzi incontrerà oggi le Regioni e poi volerà a Bruxelles per un Consiglio europeo importante, il primo con la nuova commissione guidata da Jean-Claude Juncker. Quello che dovrebbe dare l'avvio a una fase nuova delle istituzioni europee, finora vittima di una transitorietà perenne, come dice Renzi citando un noto paradosso di Ennio Flaiano.

È il mercoledì dei compiti a casa prima dell'esame europeo per Renzi. Che riferisce in Parlamento, dapprima al Senato e poi alla Camera, su quello che lo (e ci) aspetta a Bruxelles. Il primo capitolo è sempre quello, un po' orgoglio un po' sbruffonaggine. «Noi stiamo facendo le riforme perché lo abbiamo deciso - garantisce - e non perché ce lo chiede l'Europa. Stiamo facendo la nostra parte perché è giusto per i nostri figli». Il fatto che la legge di Stabilità non abbia ancora convinto i nostri partner continentali non preoccupa Renzi, che anzi lancia un monito: «Vorrei stimolare la comunità italiana, l'opinione pubblica, gli editorialisti, a fare un salto di qualità nella discussione. Quando un portavoce Ue dice mezza parola vengono fuori i titoloni come “L'Europa minaccia l'Italia”. Così viviamo una subalternità culturale». Quando sei in difficoltà, dài contro ai giornalisti e te la cavi. Una regola che vale anche per l'ex sindaco di Firenze.

Altra regola, quella un po' squallida del mal-comune-mezzo-gaudio. «Io trovo - spiega Renzi - che non sia più rinviabile una discussione su come l'Europa vuole puntare ad uscire dai margini stretti del solo rigore per puntare a una strategia di crescita. Non c'è solo un problema italiano, ma dell'intera area dell'euro. L'Europa è la cenerentola per quanto riguarda lo sviluppo. Il Fondo monetario internazionale ha evidenziato come il focus sulla crescita sia assolutamente prioritario». Tutto ciò basta a farsi coraggio: «Siamo un Paese grande che dà al paniere della comunità europea e che dovrebbe recuperare non più con atteggiamento di chi pensa di andare in un luogo diverso da sé. Ma con la convinzione di chi all'interno delle istituzioni europee è a casa propria». Le sue risoluzioni vengono approvate sia dal Senato, sia dalla Camera.

Ma il fronte interno resta sempre caldo. Renzi fa il punto con il suo partito a Palazzo Chigi: ci sono il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, il sottosegretario Luciano Pizzetti, i capigruppo di Camera e Senato Roberto Speranza e Luigi Zanda, il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini, la presidente della prima Commissione al Senato Anna Finocchiaro e i capigruppo delle competenti Commissioni di Camera e Senato Emanuele Fiano e Doris Lo Moro. Sul tavolo la nuova legge elettorale, in particolare premi, soglie, rappresentatività, ballottaggio, capilista. Il vulnus è il premio di maggioranza alla lista anziché alla coalizione emerso come ipotesi negli ultimi giorni e sul quale però il Pd deve vedersela con i dubbi di Forza Italia.

Silvio Berlusconi ribadisce di trovare questo strumento «pessimo», una definzione che escluderebbe qualsiasi margine di manovra, ma in realtà così non è. Al momento però «non c'è in agenda nessun incontro tra Berlusconi e Renzi», assicura il presidente dei senatori di Fi Paolo Romani.

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