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L'ira delle toghe pronte a scioperare: "Pericolosa voglia di regolare i conti"

Tutte le correnti insorgono contro le innovazioni all'esame del Parlamento. Area (sinistra): subito lo stato di agitazione. Unicost (centro): passo indietro per la democrazia. Di Matteo: segnali di rivalsa

L'ira delle toghe pronte a scioperare: "Pericolosa voglia di regolare i conti"

È la prima volta che il partito del veto non funziona. E allora la magistratura si compatta con una sola parola all'ordine del giorno: protesta. Inutile cercare punti di riferimento nella geografia delle correnti: l'officina della commissione Giustizia della Camera sta disegnando una riforma che non soddisfa le ambizioni di molti cittadini e non corrisponde alle attese di alcuni partiti, particolarmente dalle parti del centrodestra, ma spacca antichi equilibri della corporazione togata. E rompe, anche se solo parzialmente, alcuni meccanismi di potere.

Così, scatta la risposta e i giudici italiani si preparano a combattere, evocando l'arma dello sciopero. «Se davvero dovessero essere approvati provvedimenti distonici con i principi costituzionali, come il fascicolo delle performance - spiega Mariarosa Savaglio, segretario di Unicost, il corpaccione centrista delle toghe - sarebbe un grave passo indietro dell'ordinamento democratico che il Paese non può permettersi».
Insomma, c'è una grande distanza fra le esigenze della giustizia, sempre in affanno, e i sacri principi che secondo i giudici, o meglio la magistratura associata, verrebbero travolti dalla restaurazione voluta dal Palazzo. Savaglio è pronta allo scontro: «Di fronte a simili prospettive la magistratura non potrà certo rimanere in silenzio e la mobilitazione, che si auspica unitaria, sarà necessaria».

Le toghe sono toccate sul vivo da almeno quattro passaggi del testo che la Cartabia sta cercando di pilotare in porto. Fra le novità, c'è appunto il fascicolo delle performance. Se dieci sentenze su dieci, per fare un esempio, vengono cancellate o capovolte nei gradi successivi, allora vuol dire che c'è qualcosa che non funziona e la professionalità del giudice non è adeguata. Oggi, curiosamente, le pagelle sono sempre zeppe di punti esclamativi e voti altisonanti e forse pesare in concreto i singoli provvedimenti segnerebbe un cambiamento molto importante.

Allo stesso modo, le toghe non gradiscono l'ingresso degli avvocati nei consigli giudiziari, chiamati a esprimere giudizi sul loro operato. È ancora c'è, altro capitolo infiammato, una separazione molto netta delle funzioni, non delle carriere sia chiaro, con un solo trasloco di qua o di là. E infine la Cartabia riduce il circuito degli incarichi fuori ruolo, assai ambiti dai giudici. Speso collocati in posizioni di prestigio nei ministeri o al governo.
«La riforma - attacca Nino Di Matteo (nella foto, ndr), consigliere togato al Csm, spesso fuori dagli schemi ma questa volta dentro il grande coro degli scontenti - costituisce un'ulteriore dimostrazione di una pericolosa voglia di rivalsa nei confronti della magistratura. Il segnale di un vero e proprio regolamento di conti». Forse, più modestamente, è solo il tentativo di rendere più efficiente e garantista una macchina che perde colpi, ma Di Matteo sale sulle barricate.

Come Area, il raggruppamento di sinistra: «Chiederemo di proclamare lo stato di agitazione - annuncia il segretario Eugenio Abamonte - che preveda una serie di manifestazioni intermedie, a partire da un'assemblea straordinaria dell'Anm, e si concluda, se nulla cambia, con lo sciopero».
Sulla stessa linea Autonomia e indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo che, in teoria, sta dalla parte opposta dell'emiciclo: «Un solo passaggio delle funzioni fra pm e giudice - afferma in un'intervista all'Adnkronos Giuseppe Marra, componente della sezione disciplinare del Csm - è una separazione delle carriere di fatto». Di parere opposto, Luca Palamara, ormai libero battitore dopo la radiazione dall'ordine giudiziario: «Limitare il passaggio delle funzioni a una volta sola sembra da parte del legislatore un vorrei ma non posso, altrimenti qualcuno si arrabbia. La riforma è un compromesso al ribasso». E infatti ci sarà la coda dei referendum.

Ma già questo pacchetto va di traverso ai giudici.

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