Coronavirus

L'ira di Fontana e il ricorso al Tar. Imprese stremate: "Il colpo di grazia"

Il governatore scrive a Speranza: "Una punizione che non meritiamo, Rt datato". Fuoco di sbarramento di tutto il centrodestra, ma dubbi anche a sinistra. Confcommercio: "È un disastro"

L'ira di Fontana e il ricorso al Tar. Imprese stremate: "Il colpo di grazia"

Milano. Schiaffo, accanimento, vergogna. Il «rosso» che piomba sulla Lombardia manda in frantumi quella parvenza di fair play che si era stabilita col governo nazionale. La Regione protesta contro le nuove restrizioni governative, date per certe, preannuncia un ricorso e contesta il meccanismo «automatico» congegnato al ministero, quello che fa scattare i vincoli - su scuole, negozi e spostamenti - proprio mentre i dati più recenti sul contagio e gli ospedali appaiono migliorare.

Non è un fulmine a ciel sereno la fascia rossa lombarda che dovrebbe entrare in vigore domani, ma non per questo brucia meno. Si ribellano sia la politica sia il mondo economico. Dopo una telefonata deludente col ministro, a metà mattina è il governatore Attilio Fontana a rompere gli indugi. Definisce una «punizione ingiusta» la zona rossa: «I lombardi hanno fatto sacrifici e non la meritano» sbotta nel corso di una visita nell'operosa e produttiva Brianza.

Poi in serata il governatore lombardo decide di scrivere a Speranza. Il provvedimento con cui classificare la Lombardia zona rossa «prende in considerazione come riferimento un RT-sintomi del 30 dicembre scorso, quindi di ben diciassette giorni fa» spiega Fontana nella sua lettera al ministro. Un elemento «pertanto fortemente datato e quindi non più aggiornato all'attuale andamento epidemiologico».

«Mi risulta altresì che nella odierna valutazione settimanale è stato disatteso il parere della cabina di regia", aggiunge il governatore. Oltre a ciò, «ritengo che debbano essere valorizzati maggiormente i criteri di tempestività, di completezza e coerenza nonché del criterio di resilienza del Sistema Sanitario Regionale».

Anche l'intero centrodestra protesta, di fronte a quello che considera il «colpo di grazia» per la locomotiva d'Italia. E se il neo assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi - leghista vicino al «moderato» Giancarlo Giorgetti - parla di un «attentato al sistema produttivo lombardo» e di «una decisione assurda del Governo che avrà conseguenze drammatiche», il collega Riccardo De Corato (Fdi) tuona: «È vergognoso penalizzare la regione più produttiva d'Italia».

I toni sono forti perché la preoccupazione dilaga. Chiede una deroga provinciale il sindaco di Bergamo, città che dopo il doloroso tributo pagato nella prima ondata ora pare preservata, almeno in parte. Fontana gli suggerisce di rivolgersi «ai suoi rappresentanti politici», a Roma».

Anche nel mondo economico si levano voci angosciate, che prevedono effetti «apocalittici» su interi comparti dell'economia lombarda, quelli che secondo lo stesso Fontana - in un «sos» lanciato una settimana fa - «rischiano di sparire». Turismo, ristorazione, montagna, ma non solo. Carlo Massoletti, vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia, parla di «un provvedimento feroce, «un disastro», «un colpo insopportabile per il commercio». E nel primo giorno di una «Milano Fashion Week» in edizione virtuale, le notizie di un ritorno in fascia rossa scuotono anche il settore della moda e dell'abbigliamento: «Una scelta che rischia di affondare l'intera filiera, in un momento cruciale per il settore» avverte Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, mentre chiede «misure shock» per «evitare l'apocalisse».

La giornata è carica di tensioni. E le proteste sono accentuate, come detto, da un meccanismo decisionale che non è certo al riparo da contestazioni. Il governatore, che deve essere «sentito», annuncia un ricorso: «Ho chiesto al ministro Speranza di ripensarci - spiega Fontana - e invieremo delle accurate note per spiegare le motivazioni della nostra opposizione». Questo rallenta tutto.

«Più volte - aggiunge - ho chiesto al Governo di rivedere i parametri perché basati su dati vecchi, in questo caso del 30 dicembre che, oltretutto, non tengono conto di importantissimi indicatori a noi favorevoli, come per esempio l'Rt sull'ospedalizzazione.

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