Anche per quanto riguarda la politica ogni estate ha le sue mode, i suoi segni di riconoscimento. Si chiamano simboli. Come quelli su cui si mette una crocetta per votare.
E il simbolo della stagione agostana 2019 è la sfida mondano-politico-mediatica tra due località-icona, da una parte all'altra del Paese, che si danno geograficamente le spalle e non si parlano. L'Italia delle élite, ormai in affannosa crisi di consenso, e l'Italia del popolo, sempre più vincente, sia nei sondaggi sia in cabina. Quelle da spiaggia.
Matteo Salvini ha spostato il governo balneare e la sua corte social ad Est, sponda adriatica, riviera romagnola - stabilimento Papeete Beach, Milano Marittima, capoluogo nazional-popolare del divertimentificio di massa - rubando scena, riflettori e cronisti alla Versilia, sponda tirrenica, nelle esclusive province dell'Ovest - Twiga Beach Club, Forte dei Marmi, fino a ieri città-Stato del jet-set nazionale e del ceto intelligente, oggi in crisi (dicono anche economica) di attrazione e soprattutto di personalità. Quelle che contano.
Giornalisti, politici, influencer, quelli che contano quest'estate si sono spostati a levante dell'Appennino. E se le migrazioni hanno un senso, qualcosa vorrà pur dire.
Ieri andava di super moda il Twiga - Forte dei Marmi, Lucca - oggi si afferma il Papeete Beach - Milano Marittima, Ravenna: 280 km di distanza, scavallando Firenze (anche Renzi una volta andava al Forte...), tre ore e 15' di macchina, due diversi modi di essere italiani. E due categorie antitetiche, di cui il Twiga (il club dei cantanti impegnati, dei vip, degli onorevoli) e il Papeete (il bagno dei deejay, della gente, di Salvini) sono i due marchi identitari. Del primo è proprietaria Daniele Santanché, sconfitta alle ultime elezioni europee e in deficit di visibilità. Del secondo è patron Massimo Casanova, arrivato sui banchi di Bruxelles nelle file della Lega. E anche questo, qualcosa vorrà pur dire.
Ferie d'agosto, Italia mia ti riconosco sempre: sono le due antropologie - ieri destra/sinistra oggi élite/popolo - che non si sopportano, e nemmeno si parlano. E se lo fanno è per dirsi il peggio una alle spalle dell'altra. È la fiera dei luoghi comuni che ha una sua verità di fondo. Di là, di sera chiusa nelle ville del quartiere di Roma Imperiale e di giorno al Bagno Piero, la più bella artistocrazia di blasone e di spirito, i Moratti, i Marzotto, Marta Brivio Sforza, i Ferragamo, i Corsini, Bocelli all'Alpemare, gli imprenditori illuminati e democratici: è l'Italia simpatica, ecologista, acculturata, tollerante... Di qua, di giorno a ballare ai deejay set sui lettini già alle quattro del pomeriggio e alla sera dentro la movida del lungomare, il peggior proletariato vacanziero, i leghisti di ritorno, il popolo delle partite Iva e dei derby faziosi, i lavoratori autonomi e sovranisti: è l'Italia impresentabile, un po' carogna, ignorante, maschilista e «razzista!»...
In politica si semplifica sempre. D'estate, poi... Hai presente quelli del Forte? Il burraco, le gallerie d'arte, la Bussola, la pagoda da mille euro al giorno, le cannucce ecocompatibili per il daiquiri, il «Qubo», la privacy, oddio Favebook che orrore... E quelli del Papeete? La birra calda e la piadina fredda, pasta con le cozze, torta, RedBull e bollicine, il ristorante Le Ghiaine di Cervia («Posto di classe - assicurano i nottambuli romagnoli - ma alla buona»), le #motodacqua e i selfie...
Il fatto è che non c'è un'Italia migliore e una peggiore (il mare, poi, è così così su entrambe le sponde), sono la stessa Italia. È che messe insieme, osservandole mentre si guardano in cagnesco, si capisce la decadenza del Paese.
Certo, poi è una questione di cultura (al Twiga di solito si compra il Financial Times, al Papeete il libro più letto è il menu). E di outfit.
Di là vanno di moda i free nipples a là Carola, la Brooks Brothers azzurra cifrata, anche in spiaggia, e pure l'istruttrice di AcquaGym ha la Louis Vuitton originale... Di qua la camicia sbottonata, total look ciclamino, borselli a tracolla, infradito da gladiatori, «in fondo c'è gente che arriva da Bellinzago Lombardo, cosa vuoi...».
Che il cielo del Forte sia un po' opaco quest'anno si capisce dai dettagli, mentre Milano Marittima è baciata dal sole. In Versilia sempre meno magnati e più magnanti, sono arrivati i miliardari russi e non ci sono più i Von Hildebrandt di una volta. E anche la Capannina fa fatica a sopravvivere al proprio mito: anche se vuole apparire come 60 anni fa, le serate ormai le fanno per i diciottenni. Invece Milano Marittima - dove anche le palme sembrano finte - surfa velocissima sull'onda populista e anticasta (ma la casta sono sempre gli altri...): un non-luogo delle vacanze, magari non intelligenti, dove i ragazzini si vogliono sentire grandi e i grandi tornare a comportarsi come i ragazzini. Salvini - un vicepremier che gioca con le pistole ad acqua - si siede a pranzo al ristorante del Papeete a torso nudo esibendo i peli, verace come le vongole. Eppure piace. E infatti attovagliati con lui ci sono la Coldiretti, Confcommercio, gli imprenditori: è l'Italia delle sagre, dei comizi e della vocalist del Papeete che grida: «Sprizzino amici?».
A Forte ci sono i ricchi. A Milano Marittima la riccanza. Che fa molto più share. In particolare alle elezioni. Viva la tapioca!
Quando Massimo Casanova, titolare del Papeete e amicissimo di Salvini, è stato eletto deputato europeo della Lega, si dice che quelli di Repubblica volessero indire una petizione per far passare l'isola di Ventotene alla Francia. Non hanno capito che chi legge «Robinson» al momento del voto «vale uno», come chi beve una birra Desperados da 6 euro. È vero, la Versiliana mantiene il suo appeal intellettuale, non esente però da cortocircuiti politici: stasera alla festa del Fatto Peter Gomez ha invitato Alessandro Sallusti del Giornale a parlare sul tema «Il mondo che cambia». Buona conversazione. Intanto l'Italia di Salvini, a Milano Marittima, resta sempre la stessa, quella che si diverte con Yanez di Van De Sfroos. «Stuzzichini, moscardini e una bibita de quartu culuur/ abbronzati, tatuati i henn pirati vegnüü de Varees».
Ma dov'è finito il decovo delle istituzioni!?
Per il resto, «Bacioni a tutti».
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