L'odio anti-Israele dilaga: la sinistra zittisce gli ebrei

Dalla aperta ostilità alle aggressioni verbali nelle piazze. L'aria si fa irrespirabile e si "salva" solo chi "si dissocia"

L'odio anti-Israele dilaga: la sinistra zittisce gli ebrei
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Isolamento, contestazioni, aggressioni verbali. Le «piazze» occidentali ribollono di odio per Israele, e l'aria si è fatta quasi irrespirabile anche per gli ebrei.

Gli ultimi giorni, anche in Italia, sono stati un crescendo inquietante di rabbia e ostilità. Prima (giovedì) una minoranza violenta ha tentato un «blitz» con urla e insulti alla presentazione di un libro su Golda Meir a Firenze. Venerdì è toccato a Davide Parenzo, contestato alla Sapienza. «Cacciato dall'Università perché è ebreo» ha scritto l'opinionista Pierluigi Battista. «Diciamoci le cose come stanno - ha confermato Carlo Calenda - se sei ebreo non puoi più parlare indisturbato in un evento pubblico. È ignobile». «A David Parenzo alla Sapienza è stato contestato il diritto di parlare perché ebreo» ha detto chiaramente anche Piero Fassino, fra i pochi amici di Israele rimasti a sinistra.

Sempre venerdì, una ragazza fiorentina è cacciata dal corteo dell'8 marzo perché intenzionata a ricordare le ragazze ebree stuprate e rapite da Hamas. Ma ha impressionato il fatto che quei sit-in per le donne vittime delle violenze degli islamisti siano stati animati quasi esclusivamente da donne ebree, e organizzati con un tam-tam riservato, per mettere i partecipanti al riparo da ulteriori contestazioni.

La saldatura fra movimentismo arabo e militanza estremista di sinistra è completata, e non c'è fine settimana in cui nelle nostre città non risuonino slogan contro lo Stato ebraico, impegnato da ormai 5 mesi in una durissima reazione militare contro i terroristi responsabili delle atrocità del 7 ottobre.

Le manifestazioni di giovani palestinesi e centri sociali non si limitano a chiedere il cessate il fuoco, ma rivolgono allo Stato ebraico accuse di ogni genere, spesso alimentate da autentiche bufale e condite da insulti. Invocano lo «stop al genocidio», attribuendo allo Stato ebraico delle intenzioni che sono invece coltivate - e dichiarate - dai suoi irriducibili nemici islamisti. E d'altra parte, i giovani manifestanti (forse) non se ne rendono conto, ma chiedere il disarmo di Israele e inneggiare a una «Palestina dal fiume al mare» significa evocare la distruzione dello Stato ebraico.

Il vaso di Pandora si è aperto. Dopo aver visto con favore la sua nascita, la sinistra europea ormai da decenni ha voltato le spalle a Israele. Prima seguendo le indicazioni impartite da Mosca, poi per ciò che resta di un vecchio spirito contestatario che si è riversato senza freni nel pensiero woke e nella «cancel culture». «La Palestina ormai è trasformata in una categoria dell'ideologia woke e anti-occidentale» ha scritto la politologa Sofia Ventura. È la «Palestina globale» esaltata da Ilan Pappè. All'Università di Cambridge, attivisti di «Palestine Action» hanno distrutto, con spray e ampi tagli alla tela, un dipinto storico di Lord Arthur Balfour, il ministro degli esteri del Regno Unito a cui si deve la storica «dichiarazione Balfour» che riconobbe il diritto a un «focolare ebraico». «Certe università stanno diventando i luoghi più sicuri per esercitare il diritto all'odio - commenta amaro Davide Romano, degli Amici di Israele - In Usa c'è già stata la caccia all'ebreo, in Europa ci stiamo arrivando. In Italia, le premesse ci sono tutte».

La sinistra estrema, respinge sdegnata l'accusa di antisemitismo, ma è un fatto che ormai gli unici ebrei che non vengono fatti oggetto di contestazione siano quelli che a loro volta contestano Israele, quelli che si «dissociano» insomma. Siamo tornati, purtroppo all'ebreo della diaspora che deve «discolparsi» per il suo legame con Israele.

Ed è un clima simile che ha prodotto, nell'isolamento degli ebrei, attentati «antisionisti» come quello del 9 ottobre 1982 alla sinagoga di Roma. La sinistra «ufficiale» avrebbe la responsabilità di stroncare questo clima, ma non pare volerla esercitare.

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