Mondo

L'Oklahoma torna ai nativi (e lo Stato rischia il caos)

Metà del territorio ritenuto riserva degli indiani d'America. Possibili ricadute su giustizia e tasse

L'Oklahoma torna ai nativi (e lo Stato rischia il caos)

Ancora una volta un giudice conservatore nominato da Donald Trump fa la differenza in una sentenza della Corte Suprema e sposta l'ago della bilancia, schierandosi con i colleghi liberal. Stavolta la decisione pende a favore dei Nativi d'America dell'Oklahoma. Con 4 voti contrari e 5 a favore - tra cui quello di Neil Gorsuch, il giudice conservatore ex compagno di Barack Obama alla facoltà di Legge di Harvard - la più alta corte federale degli Stati Uniti ha stabilito che quasi la metà dello Stato dell'Oklahoma è da considerarsi una riserva degli indiani d'America. Si tratta prevalentemente dei territori dell'Est dello Stato, compresa la seconda città più importante ed estesa, Tulsa, dove il presidente Trump ha tenuto l'ultimo controverso comizio divenuto il principale indiziato per l'impennata di contagi da coronavirus nell'area.

Per i Nativi americani si tratta non solo di una vittoria ma soprattutto di una promessa mantenuta. Non è un caso che proprio il giudice Gorsuch, che ha redatto la sentenza, abbia fatto riferimento al Trail of Tears, il sentiero delle lacrime, cioè la deportazione forzata, stabilita da una serie di trattati, di circa 60mila Nativi d'America dagli Stati del Sud-Est americano come Georgia e Alabama alle terre dell'Ovest, nelle riserve del West al di là del Mississippi. A quel tempo l'Amministrazione Usa stabilì che le nuove terre sarebbero appartenute alle tribù per sempre, ricorda il giudice Gorsuch. «Oggi ci viene chiesto se le terre promesse in quei trattati rimangono una riserva indiana ai fini della legge penale federale. Siccome il Congresso non ha stabilito diversamente, manteniamo la parola del governo», spiega la Corte Suprema. Il punto è che la decisione avrà conseguenze pratiche di un certo rilievo e qualcuno teme possa trascinare l'Oklahoma nel caos. Con il pronunciamento della Corte, i membri di alcune tribù giudicati colpevoli dai tribunali dello Stato per reati commessi in Oklahoma potranno infatti contestare le condanne. E solo i procuratori federali, d'ora in poi, avranno il potere di perseguire i Nativi accusati di crimini in quella zona. Ma c'è di più. Secondo alcuni esperti di diritto tributario la sentenza della Corte Suprema potrebbe anche voler dire che i membri delle varie tribù che vivono all'interno dei confini dello Stato possano essere esentati dal pagamento delle tasse.

All'origine della decisione della Corte Suprema c'è un caso di violenza sessuale. Il settantunenne Jimcy McGirt, che sta scontando una condanna a 500 anni di prigione per abusi sessuali su un minore, si era visto rifiutare dalle corti statali dell'Oklahoma la richiesta di poter essere processato soltanto dalle autorità federali. Lui ha sempre ricordato che il Congresso non ha mai negato la sovranità della sua tribù - i Muscogee, noti anche come Creek - su parte del territorio dell'Oklahoma. Eppure il procuratore generale aveva negato che la zona dove è avvenuto il reato fosse una «riserva», cioè un territorio in cui soltanto le autorità federali possono perseguire i Nativi d'America. Ora invece arriva la svolta. Una rivoluzione per l'Oklahoma.

Con la conseguente promessa, da parte delle 5 tribù che compongono gli indiani d'America - Muscogee (Creek), Cherokee, Chickasaw, Choctaw e Seminole - di voler collaborare per trovare una soluzione alle problematiche giuridiche che la sentenza rischia di creare.

Commenti