Le trasmissioni andavano in onda sulle sue reti, sulle televisioni della Fininvest: eppure, incredibilmente, ora Silvio Berlusconi è indagato come mandante dell'attentato all'anchorman che di quelle trasmissioni era protagonista, Maurizio Costanzo. Era il 14 maggio 1993 quando in via Ruggero Fauro, a Roma, una auto Fiat Uno imbottita di tritolo esplose al passaggio delle auto su cui viaggiava Costanzo, e solo un caso impedì che l'esplosione non polverizzasse la macchina del giornalista (al cui fianco c'era la sua compagna Maria De Filippi). Secondo sentenze passate in giudicato, l'attentato era la risposta della cupola di Cosa Nostra alla "maratona tv" contro la mafia andata in onda su Canale 5, a cura di Costanzo e di Michele Santoro, durante la quale come gesto simbolico il conduttore bruciò in diretta una maglietta con la scritta "Mafia made in Italy". Ora si apprende che la Procura di Firenze ha iscritto nel registro degli indagati il Cavaliere per strage (oltre che per gli attentati di Firenze e Milano) anche per quel delitto. Un editore che mette una bomba contro una sua trasmissione.
Anche di questa accusa al Cavaliere si apprende dal certificato depositato nei giorni scorsi da Franco Coppi e Nicolò Ghedini, difensori di Berlusconi, al processo palermitano d'appello contro Marcello Dell'Utri per la trattativa Stato-Mafia. Se venisse interrogato come indagato di reato connesso, hanno fatto sapere i suoi difensori, l'ex premier si avvarrebbe della facoltà di non rispondere.
Da dove vengono le accuse a Berlusconi è noto: dalle intercettazioni compiute in carcere dei colloqui all'ora d'aria di Giuseppe Graviano, il boss mafioso già condannato all'ergastolo per quelle bombe. Le sentenze contro i boss non hanno soddisfatto la magistratura, che a 26 anni di distanza continua a dare la caccia a un "livello occulto", ai presunti mandanti che avrebbero ispirato i piani criminali di Cosa Nostra. Per due volte Berlusconi è finito indagato per le accuse di due pentiti, e in entrambi i casi è stato archiviato. Stavolta alla base di tutto ci sono le confidenze di Graviano: forse fraintese, forse buttate lì dal boss per mandare messaggi o chiedere favori. Che Berlusconi potesse avere ordinato le stragi di via Palestro e via dei Georgofili è già stato considerato inverosimile due volte, ora al conto si aggiunge l'attentato al suo giornalista di punta.
"È solo un atto dovuto", spiega la Procura di Firenze. Ma a cosa serva l'inchiesta non è chiaro, visto che tutte le volte che a Graviano è stato chiesto di spiegare quello che sa, o almeno di chiarire il senso delle sue frasi, il vecchio boss si è rifiutato di rispondere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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