
Principii astratti? Non scherziamo. Opporsi alla pretesa di un dittatore di cambiare a proprio favore i confini di un Paese indipendente è quanto di più concreto si possa immaginare. Se l'Europa, che in queste ore dice no alla legge della giungla, ha una colpa, non è certo quella di aggrapparsi a pretese idealistiche. Semmai, è quella di non aver prima perentoriamente affermato che la base su cui si sono rette pacificamente le relazioni internazionali nel nostro continente per 77 anni non è negoziabile.
Quella base è stata infranta da Vladimir Putin con il suo proditorio attacco all'Ucraina nel febbraio 2022. Un'aggressione giustificata con false motivazioni, che in realtà si riducono all'unica vera: l'ambizione di riportare indietro a forza l'orologio della Storia, ricostituendo contro la volontà dei popoli dell'Europa orientale, a partire dall'Ucraina, quell'impero sovietico che Putin apertamente rimpiange. Ci viene adesso raccontato che la miglior soluzione per impedire questa catastrofe sarebbe andare incontro alle arroganti pretese del presunto vincitore. Presunto davvero, se si considera che in tre anni e mezzo di guerra contro un Paese molto più piccolo ha perso sul campo un milione di uomini, e questo senza riuscire a conquistare nemmeno un quinto dell'Ucraina. Se una cosa ha dimostrato questa guerra infame, è che la Russia non è affatto la superpotenza militare che pretendeva di essere: ridottasi con gli arsenali vuoti e colta perfino di sorpresa da un'offensiva nemica in territorio russo, ha dovuto mendicare il soccorso di Stati canaglia come l'Iran e la Corea del Nord. Ma se mostreremo al fallito Putin di non volergli resistere, non farà altro che accentuare la trasformazione, già da tempo in corso, dell'economia russa in un'economia di guerra per perseguire i suoi fini imperiali. Far concessioni a un dittatore assetato di gloria personale non è mai una buona idea: la sua logica non è la nostra, ed egli scambierà sempre per debolezza una disponibilità al compromesso dettata dalla paura. L'Europa l'ha imparato a proprie terribili spese nel 1939, quando il megalomane Adolf Hitler ripagò il gesto stolto di regalargli senza combattere la Cecoslovacchia invadendo la Polonia, obbligando così le recalcitranti potenze occidentali a una guerra mostruosa che avrebbero potuto evitare mostrandogli per tempo le armi invece di sgomitare per lustrargli gli stivali.
Per questo oggi gli europei affermano che l'aggressione ai principi fondativi del nostro mondo libero non può essere ripagata con una Realpolitik suicida. Hanno ormai ben chiaro che se a Putin verrà concesso di arraffare pezzi di Ucraina, entro poco tempo, a riarmo effettuato, riprenderà la sua "marcia gloriosa" verso Occidente: bielorussizzata un'indebolita Ucraina, pretenderà di ricostituire il Lebensraum sovietico soggiogando la Moldavia e le tre Repubbliche baltiche.
Gli ex Paesi satellite dell'impero staliniano saranno in seguito trascinati nella sfera d'influenza di Mosca, volenti o nolenti, e l'obiettivo finale staccata l'Europa occidentale dagli Stati Uniti - sarà la costituzione di quella Eurasia a guida russa vagheggiata dallo stralunato filosofo Aleksandr Dugin.È un progetto folle, ma tutti i dittatori hanno progetti folli. A Donald Trump di tutto questo non importa nulla: ma per noi europei, invece, è questione di libertà o di asservimento. Putin va fermato adesso.