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L'ultima censura: vietato ridere

Anatomia di un istante, un clic che si trasforma in un grottesco ritratto di una classe dirigente intenta a gozzovigliare mentre gli italiani tirano la cinghia

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Anatomia di un istante, un clic che si trasforma in un grottesco ritratto di una classe dirigente intenta a gozzovigliare mentre gli italiani tirano la cinghia. Nello scontro politico irrompe una nuova forma di narrazione, la didascalia deformante di un selfie per trasformarlo in un atto di accusa da pena capitale. È un normale autoscatto notturno, dove una bionda e sorridente Giorgia Meloni è attorniata dalle decine di parlamentari con i quali ha cenato martedì sera a Roma a Palazzo Brancaccio, un centro eventi di Colle Oppio.

Una rimpatriata vecchio stile, quelle che organizzavano i grandi partiti popolari al ritorno delle vacanze per fare spogliatoio e riprogrammare l'agenda. Il clima è disteso: si riconoscono Donzelli, il ministro Abodi e tanti dirigenti di primo piano. Ma sui volti rilassati e radiosi incombe un'ombra nera, un'invettiva consegnata ai social dall'ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, un raffinato bon vivant che per campare politicamente si cala nei panni fuori taglia del bieco anticasta. «Loro ridono, l'Italia piange» chiosa il leader dei 5 Stelle, elencando una serie di problemi (dal carovita agli sbarchi) a suggello della sua indignata presa di posizione. «Qual è il motivo di tanta allegria?», si chiede retoricamente con un invito implicito ai social a scatenarsi in una risposta liberatoria, magari anche un «vaffa» che non guasta mai. Alla presidente del Consiglio sono piovute in questi mesi le accuse più paradossali, dalla ricostituzione del disciolto partito fascista al mancato bavaglio alle esternazioni televisive del compagno giornalista. Diventa difficile muovere il minimo passo dinanzi ai censori che vedono in una cena (a carico dei singoli partecipanti, 40 euro) seguita da una foto di gruppo, la protervia di una cricca di affamatori. Un po' come l'azzimata compagnia di gozzoviglie della Panne di Dürrenmatt che banchetta verso la tragedia in un clima di euforia. Ecco, vietato sorridere, è questo il nocciolo del diktat di Conte che assume l'aria sinistra di un anatema populista, un subdolo richiamo alla giustizia sommaria di piazza. L'ex premier indossa i panni da Jorge da Burgos, il monaco fanatico de Il nome della rosa che vede nella risata la corruzione dell'umanità. Purtroppo il moralismo di giornata avanza senza reti di protezione. Con tutti i problemi di questo mondo, nessuno si azzardi più ad abbozzare un sorriso o ritrovarsi a cena.

Solo selfie tristi lontano dai pasti.

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