L'ultima grana per The Donald: il popolo Maga e i dubbi su Bibi

I gruppi ultra conservatori, con i più giovani in testa, non appoggiano Netanyahu. E mettono in difficoltà Trump

L'ultima grana per The Donald: il popolo Maga e i dubbi su Bibi
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I Repubblicani hanno un nuovo problema. Con Israele. Le immagini di bambini "affamati" - parole di Donald Trump - provenienti da Gaza e l'atteggiamento di Benjamin Netanyahu stanno producendo l'impensabile: un progressivo allineamento con la sinistra Dem, da quasi subito critica con la reazione israeliana agli attacchi del 7 ottobre. Per la prima volta, anche a destra è risuonata la parola "genocidio".

A pronunciarla in un post su X la deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene, vestale dell'ortodossia Maga, con un passato di dichiarazioni controverse su ebrei e Olocausto, ma sempre saldamente allineata con l'alleato Usa da quando ha iniziato la sua esperienza al Congresso. All'inizio della guerra a Gaza, Greene presentò addirittura una mozione di censura nei confronti della deputata democratica Rashida Tlaib per le sue critiche alla reazione dello Stato ebraico agli attacchi di Hamas.

Le avvisaglie di questa rivolta della base Maga, in nome dell'America First e della promessa elettorale di non farsi più trascinare nelle guerre degli alleati, c'erano già state nei giorni in cui Trump doveva decidere se intervenire al fianco di Israele nella "guerra dei 12 giorni" contro l'Iran. Il successo militare dei bombardamenti sugli impianti militari di Teheran avevano messo a tacere le critiche. Ma ora che lo stesso Trump sta mostrando fastidio per le azioni di Israele - i bombardamenti in Siria, le condizioni di "fame vera" a Gaza - la corrente carsica è riemersa.

Se è vero che il presidente Usa non ha rotto pubblicamente con Netanyahu, invitandolo comunque a "finire il lavoro" con Hamas, è pur vero che la missione dell'inviato Steve Witkoff e dell'ambasciatore Mike Huckabee nella Striscia per verificare la distribuzione degli aiuti alla popolazione è un chiaro segnale di sfiducia verso il premier israeliano. Un retroscena del The Atlantic (quello dello scoop sul "Signalgate") riferisce della sfiducia che Trump starebbe nutrendo nei confronti di Bibi e della crescente frustrazione del tycoon per una guerra alla quale, al pari di quella in Ucraina, avrebbe voluto mettere fine nei primi giorni del suo nuovo mandato. Sono soprattutto i giovani Maga, la "Gen Z" conservatrice, lontana dalle tradizionali posizioni pro-Israele dei Repubblicani a considerare lo Stato ebraico l'ennesimo alleato che si approfitta della generosità americana.

"Quello a cui stiamo assistendo su Israele è una spaccatura generazionale intorno ai 40 anni", ha spiegato ad Axios il podcaster Maga Jack Posobiec. "Gli over 40 sostengono Israele, gli under 40 spaziano dallo scetticismo al desiderio di tagliare ogni legame". Segnali che non sono sfuggiti a Netanyahu, che la scorsa settimana ha concesso un'intervista ai Nelk Boys, un gruppo di YouTuber pro-Trump molto popolari tra i giovani. La reazione è stata inaspettata: il pubblico dei Nelk Boys si è rivoltato, accusando i conduttori di aver dato spazio a un criminale di guerra e di non aver posto domande significative.

Il gruppo si è scusato ed ha pensato di ricucire col proprio pubblico ospitando una serie di influencer apertamente

antisemiti tra cui il nazionalista bianco Nick Fuentes. Un paradosso, dopo la crociata di Trump contro le università liberal, accusate di non avere fatto nulla per contenere l'ondata di antisemitismo emersa dopo il 7 ottobre.

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