L'ultima minaccia: Stretto di Hormuz bloccato alle navi

Lo snodo cruciale per gas ed esportazioni di petrolio

L'ultima minaccia: Stretto di Hormuz bloccato alle navi
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Se Marco Polo descriveva Hormuz come una città ricca, oggi quell'area - e in particolare lo stretto omonimo - resta uno snodo cruciale per il commercio energetico mondiale. Da lì passano, secondo le varie stime, tra i 15 e i 20 milioni di barili di petrolio al giorno. Per questo l'Iran pensa di usarlo come arma di pressione verso l'Occidente che appoggia l'offensiva di Israele e, pertanto, sta valutando la chiusura dello Stretto di Hormuz, il principale snodo mondiale per il traffico petrolifero ed energetico (da qui passa il 30% del petrolio commerciato via mare). Nelle sue acque transita il 20% del commercio globale annuo di gas naturale liquefatto (80 milioni di tonnellate), che peraltro ha un'importanza fondamentale anche per l'Italia dopo la drastica riduzione del metano importato via tubo in seguito alle vicende del conflitto russo-ucraino.

Non sorprende, quindi, che il prezzo al barile di petrolio sia balzato (il Brent è cresciuto dell'8,4% a 75 dollari) nel giorno dell'attacco di Israele e della risposta di Teheran. Mentre al Ttf di Amsterdam, il mercato di riferimento per il gas, l'impennata è stata del 4,8% a quota 37,8 euro al megawattora. Si tratta di valori sotto controllo, basti pensare che nel periodo peggiore della crisi russo-ucraina era arrivato a 339 euro. Mentre il petrolio, prendendo a riferimento il Brent, era arrivato a 130. Ma se l'escalation militare dovesse consolidarsi allora anche il prezzo di petrolio e gas potrebbe continuare a lievitare facendo alla lunga ritornare il fantasma dell'inflazione elevata, con le bollette alle stelle e la Banca centrale europea costretta ad alzare i tassi strangolando un'economia continentale che già ora conosce una crescita da prefisso telefonico. Oggi, del resto, una stretta sui tassi d'interesse farebbe danni ben maggiori rispetto al 2022, quando il Patto di Stabilità era sospeso e non c'era alla presidenza Usa Donald Trump con la sua politica dei dazi. La vera minaccia è che le incertezze sui mercati globali possano innescare una nuova e potente ondata speculativa capace di gonfiare i prezzi delle materie prime.

Lo stretto di Hormuz, sebbene sia molto rilevante per l'energia, è utilizzato, seppur in misura minore, anche per altre categorie di merci. Secondo alcune stime aggiornate ai primi mesi del 2025 di Lloyd's List, infatti, vi transitano 35mila navi commerciali all'anno: si tratta di petroliere, ma anche traghetti e navi portacontainer con prodotti farmaceutici, macchinari e materiali industriali. Il porto iraniano di Bandar Abbas da solo movimenta 80 milioni di tonnellate di merci all'anno, che servono l'area ma anche i mercati globali. Sono ancora fresche nella memoria le scorribande contro i mercantili delle truppe sciite degli Houthi, armate e finanziate proprio dall'Iran, nel Mar Rosso.

Una situazione che è stata risolta solamente lo scorso maggio, quando gli Stati Uniti e le milizie si sono accordati per un cessate il fuoco. L'Occidente ora spera che lo stesso sarà per Hormuz, dove una chiusura anche parziale dello Stretto avrebbe effetti ben più globali e devastanti.

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