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L'ultima vittoria di Mario. Via libera al farmaco per il suicidio assistito: "Una svolta, finalmente"

La decisione a 16 mesi dalla sentenza della Consulta: il 45enne tetraplegico potrà morire. L'associazione Coscioni: "Fatto storico". I pro-vita: "Torna la pena di morte"

L'ultima vittoria di Mario. Via libera al farmaco per il suicidio assistito: "Una svolta, finalmente"

Il nome, «Mario», è finto. Ma il dramma è verissimo. Dovremmo essere grati a «Mario», perché i suoi 16 mesi di battaglia non valgono solo per lui, ma per tutti. «Una svolta storica» l'ha definita l'associazione Luca Coscioni che lo ha supportato nel lungo contenzioso legale. Da una parte Mario, dall'altra una Asl; in mezzo il diritto di vedersi riconosciute le condizioni previste per accedere alla morte assistita in Italia.

Mario, 43 anni, tetraplegico da dieci, ce l'ha fatta. Paralizzato dalla testa ai piedi, impossibilitato a guarire e afflitto da atroci dolori, ora Mario potrà decidere il momento di lasciarci, girando con un dito (l'unica parte del corpo che risponde agli impulsi nervosi) la chiavetta della flebo che gli libererà in vena il liquido per il definitivo addio al mondo. Pur senza chiudere il dibattito etico-morale sul «fine vita», destinato - forse giustamente - a non finire mai. Perché una legge dell'uomo non può certo bastare a zittire una domanda «superiore»: siamo «padroni» di spezzare la nostra esistenza? La risposta è molto più complessa di un semplice «sì» o «no», e questo lo sanno bene tanto i sostenitori del «sì» quanto i fautori del «no»: due opzioni che racchiudono in sé un universo di implicazioni, inconciliabili tra loro. Di qui l'impossibilita «filosofica» di una possibile sintesi.

Ma torniamo al «caso Mario», il cui ultimo step giudiziario era la decisione di una commissione medica sulla sostanza più idonea per assicurare una fine il più possibile «rapida, indolore e dignitosa». La decisione è arrivata, tramite la mediazione di un tribunale. Quella «medicina» è stata individuata. Se Mario morirà in pochi secondi, «senza accorgersene», il «merito» sarà del «Tiopentone sodico», farmaco dal nome un po' ridicolo ma inquietante.

La storia di Mario non può lasciarci indifferenti. E guai a dire: «A me non capiterà mai». Ad agosto del 2020 Mario aveva avuto il via libera per la dolce morte nella solita clinica (termine alquanto improprio) in Svizzera. Poi l'idea di provare a far valere in Italia il principio costituzionale appena ratificato dalla Consulta, e cioè che «a determinati requisiti e in assenza di una legge sul fine vita, era possibile accedere al suicidio assistito». «Requisiti» che, nella fattispecie, sussistevano tutti. Ma ecco scendere in campo il mostro della burocrazia che, sotto le sembianze dell'Asl delle Marche (la regione di residenza di Mario), inizia a frapporre una serie di paletti. Conseguenza: l'ipotesi che Mario diventi il primo italiano ad accedere al suicidio assistito annega nell'oceano dei rinvii. Ma valeva la pena attendere tanto tempo per un esito così importante. Una vittoria per Mario e l'associazione Luca Coscioni, che parlano per bocca di Marco Cappato: «Ora ci aspettiamo che la Corte Costituzionale martedì prossimo riconosca ai cittadini la possibilità di decidere direttamente su quei diritti che ancora mancano, cioè, sul diritto di essere aiutati da un medico a poter ottenere l'eutanasia cosiddetta attiva». Sarebbe un ulteriore passo avanti rispetto alla sentenza riguardante il caso di Fabiano Antoniani «Dj Fabo» incui la setta corte ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale per la parte relativa all'aiuto al suicidio».

Intanto aumentano le adesioni dei nomi più illustri della società civile a sostegno del referendum per l'eutanasia legale promosso dall'associazione Coscioni. Poche le voci fuori dal coro.

Tra esse quella dei movimenti pro-vita: «Una sentenza che fa tornare la pena di morte».

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