L'ultimo articolo di Jamal Khashoggi: «Libertà d'espressione per il mondo arabo»

Sul «Washington Post» un atto d'accusa contro l'oscurantismo di Riad

Fausto Biloslavo

«Il mondo arabo ha bisogno della libertà d'espressione» è l'ultimo messaggio lanciato da Jamal Khashoggi in un articolo postumo pubblicato ieri dal Washington Post.

La traduzione del testo è arrivata al quotidiano americano il giorno dopo la sua scomparsa, il 2 ottobre, ma la direzione ha deciso di rinviare la pubblicazione nella speranza di rivedere vivo l'autore. Il giornalista fatto brutalmente sparire nel consolato saudita a Istanbul ricorda il ruolo di Radio Free Europe durante la guerra fredda spiegando che «il mondo arabo sta facendo i conti con una propria versione della cortina di ferro imposta non da agenti esterni ma da forze interne in lotta per il potere». Khashoggi sottolinea che secondo il rapporto sulla libertà di stampa del 2018 solo la Tunisia passa l'esame e «di conseguenza, gli arabi che vivono negli altri Paesi o non sono informati o ricevono informazioni scorrette». Il giornalista scomparso cita il suo «caro amico, l'illustre scrittore Saleh al-Shehi autore di uno dei più famosi editoriali mai pubblicati sulla stampa saudita. Sfortunatamente ora sta scontando una condanna ingiustificata di cinque anni per presunti commenti contrari al potere». Nell'appoggio all'informazione Khashoggi contrappone il Qatar, nemico giurato di Raid, al «vecchio ordine arabo» dei sauditi. E propone la creazione di una «piattaforma per le voci arabe: attraverso un forum internazionale indipendente, isolato dall'influenza dei governi nazionalisti che diffondono odio via propaganda».

L'inchiesta sulla sua sparizione si allarga con ricerche nella cosiddetta foresta di Belgrado, area boscosa non lontana dal consolato saudita di Istanbul e alla limifrofa provincia di Yalova nella speranza di ritrovare il corpo del giornalista. Il quotidiano filo governativo turco Yeni Shafak ha pubblicato la notizia, che uno dei sospetti della squadra della morte, che avrebbe eliminato Khashoggi sarebbe morto in un incidente stradale dai contorni poco chiari. Si tratta del tenente Mashal Saad Al Bostani dell'aviazione militare saudita, ma la notizia non è confermata.

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, appena rientrato da Raid e Ankara ha chiesto all'erede al trono Mohammed Bin Salman, pesantemente coinvolto nella vicenda, un'inchiesta rapida e trasparente nel giro di 72 ore. Ieri, però sembrava concedere «qualche giorno in più» ai sauditi alleati su tanti fronti a cominciare da quello iraniano. Nonostante la benevolenza americana, l'amministrazione Usa ha deciso che il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, non parteciperà alla «Davos del deserto» della prossima settimana, fiore all'occhiello dell'erede al trono saudita.

Le cancellazioni eccellenti fioccano con l'annuncio che non saranno a Riad né il ministro inglese, né quello francese dell'economia. Per l'Italia non era prevista alcuna presenza istituzionale, ma ci saranno diverse aziende, che hanno deciso di mandare rappresentanti di livello intermedio.

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