Macron a caccia del bis ma Le Pen ora fa paura. E anche Bruxelles trema

Alle urne 12 candidati. C'è in gioco il futuro del Paese e il progetto europeo del presidente

Macron a caccia del bis ma Le Pen ora fa paura. E anche Bruxelles trema

In una campagna elettorale segnata (e rallentata) dalla guerra in Ucraina, la Francia si scopre più indecisa che mai: 4 donne e 8 uomini in lizza per l'Eliseo. Oggi è il giorno della prima scelta, che restringerà la rosa a due soli contendenti, per poi riaccendere la sfida il 24 aprile, quando sapremo chi si metterà in tasca le chiavi dell'Esagono (e anche dell'Ue: fino a fine giugno presieduta dalla Francia).

Gli eredi alla lontana del generale De Gaulle oggi puntano su una donna come Valérie Pécresse, alle presidenziali: accreditata di un 8,5% è dietro all'altro cavallo di razza della destra, l'ex editorialista del Figaro Éric Zemmour al 9% delle intenzioni di voto. Hanno perso entrambi molto negli ultimi giorni. Ma la notizia di una destra defunta è esagerata. Certo, la frammentazione dei due storici campi non è mai stata così plastica. Il terzo candidato d'area «post-gollista», pur con la sua fisionomia antisistema, è Marine Le Pen, favorita per il passaggio al secondo turno con il 25% dato dai sondaggi; è dietro solo a Emmanuel Macron (27,5%). Ha girato le città medie e piccole e dato attenzione alla Francia arrabbiata con «il presidente dei ricchi». L'elettorato di destra (ed estrema destra) vanta un pacchetto vicino al 44%, se si contano gli altri candidati che all'eredità gollista attingono a piene mani. Ed è questo l'incubo matematico che assilla la base della République En Marche, il partito del presidente-candidato che ha invece scommesso sull'attivismo internazionale, più che sui meeting elettorali: per Macron, un solo comizio in stile americano a Parigi e nessun faccia a faccia tv con gli avversari. Il suo netto vantaggio iniziale è sfiorito. E un affaire lo insegue da giorni. Lo scandalo sulla società di consulenza americana McKinsey che ha visto la procura nazionale per i reati finanziari aprire un'indagine per evasione fiscale nella decisiva settimana di campagna elettorale. Il motivo? Il massiccio ricorso a consulenti venuti a costare ai contribuenti circa 2mila euro al giorno durante il quinquennato Macron, secondo il settimanale Marianne, fino a pesare oltre 1 miliardo nel 2021.

L'altro campo, della gauche, non è riuscito nell'impresa di trovare un candidato unitario, lasciando agli ecologisti il pallino di bandiera (corre Yannick Jadot, al 5%) e la fascia di capitano dello schieramento all'uomo dell'ultra-sinistra Jean-Luc Mélenchon, al terzo tentativo di diventare presidente. Lui ha possibilità di andare in gol fino al secondo turno. È accreditato del 16,5%. La vincitrice delle primarie popolari della sinistra Christiane Taubira ha già invitato i suoi a votare il leader della France Insoumise. Ci crede, Mélenchon. Ha rosicchiato 4 punti in un mese. In una campagna sfruttata fino all'ultimo minuto, ieri ha partecipato alla Marcia per il futuro, mentre la sindaca di Parigi Hidalgo ha fatto bella mostra nei mercati rionali nonostante la sua candidatura sia crollata sotto il peso delle guerre fratricide e sostenuta obtorto collo dall'ultimo capo dello Stato socialista François Hollande. L'unico candidato della sinistra ad avere qualche chance di passare al secondo turno è quindi Mélenchon. Lo scarto nei sondaggi si è ridotto, con i primi: Macron e Le Pen. Se non passasse, il suo bacino d'utenza potrebbe dividersi e in parte votare «BleuMarine» al secondo turno o astenersi.

Sembra inoltre prossima la fine del classico fronte repubblicano per evitare l'ascesa lepenista all'Eliseo. Pécresse ha detto ieri che in caso di disfatta non darà indicazioni di voto. Si limiterà a dire per chi voterà.

È una rivoluzione: se il partito che fu di Sarkozy, sempre più diviso sotto il nome «americano» Les Républicains, non dirà di votare contro l'estrema destra, tutto può succedere. Macron lo sa. E anche l'Europa, che trema al pensiero di trovarsi «BleuMarine» a indicare la rotta.

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