Macron, nuovo voltafaccia. Già 173 i ritiri anti Le Pen

Riunione tesa con i ministri. Il presidente cambia linea: accordi con la sinistra. Critiche dei moderati

Macron, nuovo voltafaccia. Già 173 i ritiri anti Le Pen
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Più che d'un fortino napoleonico, l'atmosfera all'Eliseo ieri era quella di un fortino delle illusioni. Tanto che, alla terza riunione in meno di 24 ore, i ministri convocati da Macron hanno cominciato a far filtrare quanto il capo stava dicendo: «Non un solo voto all'estrema destra, dobbiamo ricordarci che nel 2017 e nel 2022, a sinistra, tutti hanno dato questo messaggio, senza il quale il vostro servitore (cioè lui, ndr) e voi stessi non sareste qui oggi». Insomma, in vista dei ballottaggi un'apertura di credito anche a quella sinistra considerata fino a poche ore prima «estrema» e dunque da combattere al pari dei lepenisti.

Due ministri presenti alla riunione l'hanno definita «estremamente tesa», altri presenti - a condizione di anonimato - denunciavano la «disconnessione» del presidente. E mentre Macron chiedeva ai suoi di «studiare ogni circoscrizione» per costruire alleanze e «fare barriera al Rn», ieri, per la prima volta, il campo presidenziale si è forse irreversibilmente diviso. Cambiare linea - e più volte - in meno di 24 ore, fino a disegnare un non meglio precisato «arco repubblicano a geometria variabile» ha fatto implodere la Macronie. «Abbiamo fatto tutta la campagna dicendo che c'erano due estreme, ne sarebbe rimasta una sola?», è l'affondo di Aurore Bergé su France 2, criticando l'apertura a Lfi, l'ala mélenchoniana della gauche che è pure quella con più candidati in corsa al secondo turno contro Rn. Invece, dopo la disfatta, Macron dà sostanzialmente via libera anche all'estrema sinistra in vista del secondo turno. «Tutto salvo Rn».

L'ala moderata della destra macroniana non ci sta. Altro che desistenze caso per caso con l'unico caveat del profilo di certi mélenechoniani, e cioè no a sostenere candidati in odore di antisemitismo; sì a tutti gli altri pur di non consegnare la maggioranza assoluta ai lepenisti. Come giustificare la scelta davanti agli elettori? È il caos, dentro e fuori dal Palazzo. L'ala destra della Macronie, quella del ministro dell'Economia Le Maire e dell'ex premier Philippe, chiama al «ni-ni», né indicazioni di voto per l'uno né per l'altro laddove i macroniani sono già fuori gioco. Philippe, oggi sindaco con ampi pacchetti di voti (e col suo movimento Horizons parte della maggioranza) sventola aria da liberi tutti. L'incontro con i ministri intanto deflagra. Giudicato «inutile». Tra accuse di cambi di rotta repentini del presidente. L'impressione è di trovarsi di fronte non più il leader spazzaneve che era stato in grado di portar con sé pezzi di centro, destra e sinistra, ma «un maestrino che parla ai suoi allievi» senza aver più granché da insegnare. Nessuno o quasi capisce la linea che rischia di ingolfare il sistema. Spaesato anche l'elettorato: tre quarti dei francesi non sono intenzionati a seguire le indicazioni di voto.

Intanto il premier uscente Attal sospende la controversa riforma sui sussidi di disoccupazione che dal 1° dicembre avrebbe accorciato la durata dell'indennità da 18 a 15 mesi. Ma a conti fatti la sua coalizione Ensamble ha ottenuto solo il terzo posto in percentuale e soltanto 2 eletti al primo turno (39 invece quelli lepenisti con gli alleati, 32 quelli del nuovo fronte popolare). I seggi sono 577. Ieri c'era da chiarire la strada da prendere. Desistenza? Caso per caso? Liberi tutti? Ambigui i messaggi dall'Eliseo, dove c'è chi auspica un risultato senza vincitori che spiani la strada a un governo tecnico.

Più di un centinaio (173) le «desistenze» annunciate: candidati ritirati in funzione anti-Rn. In larga parte della gauche, dove è arrivata terza. Oggi alle 18 scade il deposito delle candidature. Fine suspense. E forse fine corsa per la Macronie.

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