Nella convulsa giornata che chiude l'era gialloverde, c'è una notazione personale che appare più simbolica dei tanti, pur importanti, fatti politici. Di Maio, dopo mesi in cui la sua intesa umana con Salvini, ancor prima che politica, è stata il motore che ha fatto marciare il «contratto di governo», rinnega non solo l'alleanza, ma l'amicizia. Sui social, ricordando le tante volte che Salvini lo ha definito «l'amico Di Maio», il leader grillino tenta la presa di distanza: «Non mi sono mai piaciute quelle persone che fanno gli amici di tutti. Per me l'amicizia è una cosa seria, è un valore fondamentale nella vita, straordinario. E soprattutto, i veri amici sono sempre leali...».
Ma è troppo tardi per salvare una leadership che il giovane di Pomigliano rischia di perdere con la stessa rapidità con cui l'aveva conquistata. Ieri Di Maio ostentava come un successo l'ultimo duello con Salvini: «Voglio darvi una buona notizia, dopo le proteste dei cittadini nelle piazze e sui social la Lega ha ceduto sul taglio dei parlamentari, una riforma del Movimento 5 Stelle e che il Paese aspetta da anni. Settimana prossima tagliamo 345 parlamentari». In realtà, la «capitolazione» della Lega è stato solo il tentativo di Salvini di sminare un tema di propaganda grillina, accettando di votare una riforma che, in caso di voto immediato, non sarebbe mai entrata in vigore.
Solo l'ultima scaramuccia di una complessa battaglia che ha riordinato il quadro della politica italiana in pochi giorni di agosto. Il «lodo Bettini», la proposta di un governo di legislatura con i 5 Stelle, portato avanti con decisione da Renzi, è stato accolto dai vertici del M5s, quelli che decidono davvero, scavalcando la resistenza di Di Maio. Il segnale mandato da Casaleggio è stato il post di Grillo contrario al voto immediato. Difficilmente nel governo «giallorosso» ci sarà spazio per Di Maio che, contestato dai parlamentari e inviso ai renziani, dovrà fare un passo di lato, come tutti i grillini troppo esposti in attacchi al Pd. Casaleggio ha già il suo nuovo leader fabbricato in laboratorio: Giuseppe Conte, avvocato degli italiani, quelli del Pd inclusi, ritenuto più adatto di Roberto Fico, nonostante le posizioni di sinistra del presidente della Camera, a impersonare il nuovo corso.
Nel frattempo nel Movimento è scattata l'ultima paranoia, la caccia al grillino di centrodestra. Anzi, al «grillino positivo», come Salvini ha definito, in un'intervista al Giornale, i parlamentari M5s «contrari all'ipotesi di un'alleanza con Renzi», quelli che «al momento giusto lo dimostreranno». Con un invito così esplicito a saltare a bordo messo sul tavolo dalla Lega, non ci è voluto molto perché nel mondo grillino, dominato dalla paranoia delle espulsioni facili, si scatenassero i sospetti reciproci.
Ieri ad esempio, quando Gianluigi Paragone ha sparato su Facebook una bordata contro l'alleanza «giallorossa» («E magari poi alla Commissione d'inchiesta sulle banche dovrei essere votato dalla Boschi? Sì, vabbè...»), in molti si sono ricordati dei trascorsi alla Padania del giornalista. Nella lista dei sospetti anche Emilio Carelli, visto il passato in Mediaset. Ma a essere passati al setaccio sono soprattutto i comportamenti tenuti in questo anno di governo gialloverde. Per sollevare dubbi basta poco, anche solo aver fraternizzato troppo con i leghisti, come i deputati Angela Ianaro e Davide Tripiedi. O aver scritto post anti migranti, come la collega Sabrina De Carlo (che lo ha poi cancellato).
Per non parlare di Tiziana Drago che è salita sul palco del Forum delle famiglie a Verona. Ma davvero ci saranno defezioni verso destra? «Penso - dice Davide Galantino, deputato uscito dal M5s - che ci sia tanta ipocrisia e pochi valori. E che ci si accontenterà di salvare il posto».
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