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Le malevole fattucchiere di Bruxelles

Secondo Paolo Gentiloni, la Commissione Ue si appresta a classificare come "strutturale" il taglio di 11 miliardi al cuneo fiscale previsto in manovra, con relativo peggioramento del giudizio finale sulla sua sostenibilità

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Secondo Paolo Gentiloni, la Commissione Ue si appresta a classificare come «strutturale» il taglio di 11 miliardi al cuneo fiscale previsto in manovra, con relativo peggioramento del giudizio finale sulla sua sostenibilità. A loro volta, opposizioni e sindacati protestano perché a loro dire la misura è «temporanea». Anzi, per questi ultimi, a tempo sono non pochi dei provvedimenti contenuti nella legge di Bilancio: di qui la chiamata allo sciopero generale. Dunque? La misura è strutturale o temporanea? Come è facilmente intuibile, tra le due definizioni c'è una bella differenza. Proprio per questo è il caso che Gentiloni e Landini si parlino con maggiore frequenza. Perché di là delle considerazioni sui motivi paradossali che sono in cima alla dichiarazione di astensione dal lavoro, il segretario della Cgil ha ragione nel qualificare temporaneo il taglio del cuneo. Nei documenti della manovra il concetto è infatti esplicitato con chiarezza, laddove si precisa che l'eventuale conferma del taglio nell'anno successivo dipenderà dalla condizione in cui si troveranno i nostri conti pubblici. E visti i chiari di luna e le improvvise contrazioni dei trend economici cui stiamo assistendo da anni, è quantomeno saggio che tagli fiscali di quelle dimensioni vengano presentati come auspicio. È perciò alquanto bislacco che per giustificare il carattere strutturale della misura gli euroburocrati prendano a parametro il fatto che essa è stata rinnovata sistematicamente in questi anni.

Niente di più strumentale, tipico di una situazione che vede Bruxelles in veste ritorsiva - in risposta alle nostre resistenze su Mes e nuovo Patto di Stabilità - e desiderosa di far sentire la sua voce anche quando farebbe meglio a tacere. Il paradosso è che la manovra varata dal governo Meloni viene unanimemente giudicata la più prudente degli ultimi anni persino da economisti (si veda l'intervista di Lucrezia Reichlin sulla Stampa) di consolidate simpatie a sinistra. Ma tant'è. A Bruxelles si arriva al punto di stimare che nel 2025 il debito italiano costerà di più rispetto a quanto preveda la manovra in rapporto al 2024.

Delle due l'una: o quei signori conoscono in anticipo il tasso Bce che sarà in vigore nel 2025, cosa improbabile, oppure come malevole fattucchiere ricavano le loro scommesse da una sfera di cristallo.

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