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Mani libere su zone rosse e smart working. Ma i tecnici protestano: "Mai stati contattati"

Lo stato di emergenza prevede maggiori facoltà di intervento del governo

Mani libere su zone rosse e smart working. Ma i tecnici protestano: "Mai stati contattati"

La proroga dello stato di emergenza, con il premier Conte che si tiene i pieni poteri per altri sei mesi, è diventata subito una questione politica. Una notizia che colpisce, soprattutto in questa fase in cui il virus sta retrocedendo, e che pone legittimi interrogativi sull'eventuale possibilità da parte del governo di comprimere ulteriormente le libertà fondamentali.

Ma nei fatti cosa significa? Anche se nulla è ancora deciso, per il presidente del Consiglio prorogare lo stato di emergenza, ora che l'epidemia è sotto controllo, serve per continuare ad adottare le misure necessarie, anche minimali, come distanziamento sociale e mascherine. Altrimenti il 31 luglio, alla scadenza di quello precedente, senza un'ulteriore delibera del Consiglio dei ministri per prorogarlo, si dovrebbe tornare alla normalità, dicendo addio agli obblighi previsti da una serie di protocolli e alle procedure ordinarie che impedirebbero di intervenire, per esempio, per decretare nuove zone rosse in caso di focolai o per impedire l'ingresso nel nostro territorio di viaggiatori provenienti da zone a rischio, come è stato fatto giovedì con l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che impone il divieto di ingresso e transito per chi negli ultimi 14 giorni ha soggiornato in 13 paesi in cui il Covid fa ancora paura. La possibilità di allungare lo stato di emergenza, sarebbe quindi giustificata dal punto di vista sanitario e legata ai timori di una seconda ondata di coronavirus, che non è detto ci sarà. Lo stesso viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, ne dubita, ritenendo difficile che si ripeta una situazione come quella vissuta a febbraio e marzo.

Il governo, però, vorrebbe continuare ad avere gli strumenti per intervenire dove necessario con pieni poteri e il fatto che il virus non sia ancora scomparso del tutto legittimerebbe questa strada. Per alcuni sarebbe proprio questo il motivo della decisione. Che si tradurrebbe nella possibilità di emanare disposizioni rapidamente, anche in deroga alle norme vigenti, continuando a bypassare il Parlamento, come accaduto finora con i Dcpm che hanno imposto il lockdown nella prima fase dell'emergenza limitando le nostre libertà individuali senza passare per le Camere. Se si andrà avanti con lo stato di emergenza sarà sempre possibile l'eventuale compressione delle libertà se i contagi dovessero riprendere. Continuerebbe ad essere onnipresente il comitato tecnico scientifico che finora ha orientato le scelte del governo in materia sanitaria, anche se questa volta per valutare la proroga dello stato di emergenza gli esperti del Cts non sarebbero stati interpellati. L'eventuale proroga prevede la possibilità di intervenire in maniera tempestiva in caso di necessità per reperire posti letto, per esempio nelle caserme, nel momento in cui non dovessero bastare quelli degli ospedali. Ma soprattutto renderà possibili iter più snelli nell'approvvigionamento dei dispositivi sanitari, come accaduto finora. La Protezione civile potrà continuare ad acquistare mascherine e dispositivi di sicurezza senza seguire le normali e complesse procedure di gara. Lo stato di emergenza, infatti, consente di saltare alcuni passaggi per l'affidamento degli appalti, che può avvenire con percorsi agevolati. Il commissario straordinario Domenico Arcuri beneficerà di questa possibilità anche adesso che è stato chiamato a gestire il ritorno a scuola degli studenti per il quale, ha stimato, serviranno dieci milioni di mascherine al giorno. Se l'emergenza arriverà al 31 dicembre, slitterà anche la possibilità di ricorrere allo smart-working.

I dipendenti pubblici, ma in qualche caso anche privati, molti dei quali stavano facendo il conto alla rovescia per tornare in ufficio, potranno programmare altri sei mesi di lavoro agile.

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