Marò, spiragli per il rientro di Latorre

Il governo indiano: «Non ci opporremo alle decisioni della Corte». Il fuciliere verso un ritorno in Italia per curarsi

Marò, spiragli per il rientro di Latorre

RomaNuovo rinvio, nuovo ping pong di responsabilità tra giudici e politica indiani, nuova accusa a mezzo stampa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ancora colpi di scena nella vicenda dei due marò, in India da febbraio 2012 con l'accusa di aver ucciso due pescatori mentre erano in servizio antipirateria a bordo della petroliera Enrica Lexie.

Ieri la Corte suprema indiana doveva esprimersi sull'istanza di rimpatrio per motivi di salute presentata dai legali di Latorre, che il 31 agosto è stato colpito da un'ischemia e che solo due giorni fa è stato dimesso dall'ospedale. L'istanza chiedeva il rientro in Italia del capo di prima classe per tre o quattro mesi, in modo da potersi ristabilire insieme alla propria famiglia. Ma ancora una volta i giudici hanno rinviato la decisione, concedendo a Latorre solo l'esenzione dall'obbligo di firma per motivi di salute fino al 15 settembre, e aggiornando l'udienza a venerdì prossimo, dopo aver chiesto un parere scritto al governo centrale di Nuova Delhi sulla richiesta di rimpatrio del 47enne fuciliere della Marina militare.

Anche se solo informalmente, il governo ha replicato per bocca del ministro degli Esteri indiano, Sushma Swaraj: «Se la Corte concederà il permesso di andare a casa per motivi di salute, noi non ci opporremo». Una presa di posizione che appare una via di mezzo tra un «parere favorevole» e un rimpallo di responsabilità, anche se le parole del ministro possono essere interpretate come una risposta positiva all'istanza. La responsabile degli Esteri indiana ha però anche chiuso ogni spiraglio a una possibile soluzione diplomatica della vicenda. «La questione - ha infatti spiegato la Swaraj - è già in mano ai tribunali». Insomma, la querelle indo-italiana «non può essere risolta dal dialogo tra governi», ma «si deve andare attraverso il processo giudiziario».

Dichiarazioni, queste ultime, che, secondo il parlamentare di Fratelli d'Italia Edmondo Cirielli, «non lasciano il campo a interpretazioni e smentiscono quanto ha sostenuto il premier Matteo Renzi nelle ultime settimane: la vicenda dei due marò non può essere risolta dal dialogo tra i governi. Un nuovo schiaffo in faccia».

Ma di «schiaffi», ieri, ne sono arrivati altri. Sotto forma di nuove accuse contro i due fucilieri di Marina. Secondo il quotidiano indiano in lingua inglese Hindustan Times , Latorre e Girone dopo l'incidente del 15 febbraio 2012 che portò alla morte dei due pescatori avrebbero fatto pressione sul capitano della Enrica Lexie, Umberto Vitelli, affinché sostenesse - nel suo rapporto per le organizzazioni internazionali di sicurezza marittima - che i pescatori erano armati e che per quel motivo i marò avrebbero aperto il fuoco. Il quotidiano di Nuova Delhi cita una fonte anonima del ministero dell'Interno indiano secondo la quale «il capitano produsse un rapporto via email dopo l'incidente sostenendo che sei dei pescatori sulla Saint Antony (il peschereccio indiano, ndr ) erano armati. Ma gli investigatori indiani appurarono che tutti gli 11 pescatori a bordo della St. Antony erano disarmati: non c'erano armi sulla barca». Lo stesso capitano della Lexie, scrive ancora il quotidiano indiano, avrebbe in seguito confessato di aver «prodotto la email su pressione dei marò sotto accusa», negando di essere testimone dell'incidente, durante un interrogatorio con gli uomini della Nia, l'agenzia indiana antiterrorismo. Agenzia che però, interpellata dall' Hindustan Times , si è rifiutata di commentare la notizia.

A smentirla «categoricamente», invece, provvede Pio Schiano, direttore generale della Dolphin Tanker, armatrice della petroliera.

«Il comandante Umberto Vitelli non ha mai rilasciato a qualsivoglia autorità alcuna dichiarazione in cui ha detto di aver visto armi o persone armate», spiega Schiano: «Non avrebbe potuto vedere alcuna arma perché era nel ponte di comando».

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