A quasi otto mesi dal cambio della guardia a Maranello, con l'obbligato passaggio del testimone da Luca di Montezemolo a Sergio Marchionne, la Ferrari si è ormai abituata al nuovo corso. La «marchionizzazione» del Cavallino avanza velocemente, senza per questo intaccare le tradizioni e nel rispetto del lavoro svolto dall'ex presidente. Si respira, comunque, un'aria diversa e molto più informale, a partire dal modo con il quale il nuovo numero uno Marchionne si è posto. Cioè, com'è abituato a fare e come lo si vedeva prima del blitz di ottobre, nelle vesti di ad di Fca e consigliere di Ferrari: con l'inseparabile pullover nero.
Insomma, la legge del pullover, quindi dell'informalità e della rottura dei vecchi schemi, dopo il Lingotto è sbarcata ufficialmente anche nel fortino di Maranello. E come aveva fatto ad Auburn Hills, sede del gruppo Chrysler, al momento del suo insediamento al vertice, anche a Maranello il nuovo capo non ha voluto occupare l'ufficio del predecessore. Il neo presidente ha invece preso possesso di un altro locale sullo stesso piano della palazzina di via Abetone. Un altro segnale di svolta.
Marchionne e Montezemolo sono così diversi e incompatibili anche nell'atteggiamento (più pragmatico e manageriale il primo; dalla visione più «padronale» il secondo, tanto da essersi quasi immedesimato nel ruolo di Enzo Ferrari, reinterpretandolo in anni diversi) che era impossibile che lo stesso ufficio potesse essere testimone del nuovo corso. Un esempio pratico e alla luce di tutti: l'incravattato Luca utilizzava molto il cellulare, il casual Sergio è «mail-dipendente».
In questi mesi Marchionne è entrato in sintonia con manager e forza lavoro: quando arriva (è molto presente e in tanti si chiedono come faccia a dividersi tra Auburn Hills, Torino, Londra - dove Fca ha la sede fiscale, e forse in futuro anche Ferrari - e Maranello), oltre a fare spesso una puntatina alla vicina pista di Fiorano per sfogare la sua passione corsaiola, all'ora di pranzo lo si vede, vassoio in mano, fare la fila con operai e impiegati al ristorante aziendale, anche se al suo tavolo ha degli ospiti, come il pilota Sebastian Vettel. Montezemolo pranzava pure nello stesso posto, ma in una saletta riservata se era con altri, oppure al suo tavolo ma servito. «All'inizio eravamo un po' terrorizzati - ci confessano - anche per il modo con il quale era avvenuta l'uscita di scena di Montezemolo che, non dimentichiamo, ha creato qui a Maranello qualcosa di straordinario. Ma poi ci siamo ricreduti. E vista l'informalità di Marchionne, capita sempre più spesso di vedere dirigenti presentarsi al lavoro senza cravatta». L'impressione è che a Maranello ci sia più serenità «che però - ci viene sottolineato - non vuol dire più rilassatezza, anzi».
Sono settimane caldissime e non solo sul fronte F1. La quotazione del 10% del Cavallino a Wall Street è attesa per l'autunno e Marchionne ha deciso di far seguire l'iter alla stessa persona che aveva accompagnato Fca alla Borsa di New York: ecco allora che senza tanti strombazzamenti Alessandro Gili ha traslocato in Emilia assumendo la carica di direttore finanziario, mentre in questi giorni è arrivata anche una investor relator italiana. Ferrari, da una parte, e Marchionne, dall'altra, inoltre, saranno sempre più importanti per la famiglia Agnelli che proprio in questi giorni ha riservato al top manager la poltrona di vicepresidente nella holding Exor, la stessa che una volta avviata la quotazione e concluso lo scorporo, deterrà tra il 24 e il 26% del Cavallino. In pratica, il presidente di Exor, John Elkann, ha già messo in cassaforte sia la Ferrari sia il contributo futuro di Marchionne. E considerando che il vicepresidente del Cavallino, Piero Ferrari, possiede il 10% dell'azienda e rappresenta il segno più tangibile del legame con il papà-fondatore, Enzo, la mossa di Elkann è da intendere come la garanzia che la casa automobilistica resterà italiana.
La nuova 488 Gtb, in vendita da settembre, si può intanto definire l'ultima vera supercar montezemoliana. La prossima novità, la 12 cilindri probabilmente erede della FF che sarà lanciata in marzo al Salone di Ginevra, fa sì parte dei nuovi modelli approvati dall'ex presidente, ma già ora nelle riunioni con i tecnici l'impronta di Marchionne prende forma.
L'evoluzione di Ferrari, dunque, è in pieno svolgimento, ma procede con la consapevolezza delle dimensioni dell'azienda e delle sue «anomalie»: la comunicazione al mondo intero, infatti, avviene unicamente tramite le corse e l'immagine fortissima.
Per intenderci: Enzo Ferrari ha dettato i princìpi (centralità della competizione come palestra tecnica e ingegneristica, capacità di integrare tecnica e creatività, esclusività del marchio, posizionamento unico); Montezemolo li ha messi in atto; Marchionne - che ha subito capito di avere a che fare con una realtà unica, diversa e piccola (intorno a settemila unità la soglia di produzione posta da Montezemolo; fino a 10mila, in base all'andamento dei mercati, il potenziale indicato dal nuovo numero uno) - li sta ribadendo «con l'atteggiamento da leader, la persona che dà l'impostazione; perché qui a Maranello - dicono i veterani - per questa gallina dalle uova d'oro (gli analisti la valutano tra 6,5 e 10 miliardi) a contare è il leader».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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