Non lo sa quasi nessuno, ma la storia di sangue delle Brigate rosse comincia con l'uccisione di due militanti missini. È il 17 giugno 1974, una data cupa e dimenticata, come tutte quelle dei morti dalla parte sbagliata. Quel giorno un commando entra nella sede del MSI a Padova e trova due militanti, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, che rifiutano di inginocchiarsi e lasciarsi incatenare e per questo vengono brutalmente assassinati.
È l'incipit della Spoon River compiuta dai terroristi con la stella a cinque punte, ma la tragedia viene minimizzata, annacquata, infine capovolta.
I morti dalla parte sbagliata sono sempre visti con sospetto o fastidio e i giornali fanno di tutto per accreditare versioni diverse: forse, si scrive in quelle ore ormai lontane, i due sono morti per una faida nera interna alla destra, forse chissà. E i brigatisti, anche se rivendicano l'azione, sono sempre i compagni che sbagliano.
Va così, va sempre così, è andata così anche l'anno prima, il 16 aprile 1973, quando i due fratelli Mattei muoiono bruciati nel rogo della loro casa, incendiata da un gruppetto di attivisti di Potere Operaio. Una fine spaventosa, ma anche la verità viene messa in fuga: i vertici di Potere Operaio capiscono subito cosa è successo, ma la controinformazione fa la sua parte, scrittori e intellettuali difendono gli imputati che alla fine vengono faticosamente condannati e le prime ammissioni arriveranno solo a distanza di più di trent'anni dai fatti.
Un omicidio è la chiave di un altro delitto, in una catena di violenze senza fine: nel 1975 Sergio Ramelli, studente al Molinari di Milano, scrive un tema in cui attacca il mondo politico che ha snobbato, per non dire peggio, la morte di Giralucci e Mazzola l'anno prima.
La prova viene letta da un professore in pubblico e poi quei fogli finiscono in bacheca. Esposti all'odio di compagni e professori che non possono accettare quella voce fuori dal coro, solidale con l'altra parte.
Qualcuno decide di dare una lezione al giovane militante del Fronte della Gioventù. Il 13 marzo 1975 Ramelli viene aggredito per strada, nel quartiere di Città Studi. Le spranghe di Avanguardia Operaia colpiscono il ragazzo che cerca di scappare, ma non ce la fa e cade tramortito sul marciapiede. La morte arriva il 29 aprile 1975, dopo 47 giorni di atroci sofferenze e ulteriori minacce ai familiari. Siamo al punto, incredibile, che i funerali si svolgono in forma semiclandestina, in un clima di paura e tensione.
È la Milano degli anni Settanta: i morti di là, quelli di sinistra, avvolti nell'epopea della nuova Resistenza, quelli di destra sepolti nel buio frettoloso di un generale disprezzo.
Luca Telese, giornalista acuto e non ideologico, ha raccontato in «Cuori neri» 21 delitti che per lungo tempo erano stati rimossi perché politicamente scorretti, da Primavalle a Ramelli, dalla morte di Ugo Venturini a quella di Paolo Di Nella. Un libro di successo che ha svelato un pezzo di storia italiana.
Ugo Venturini, centrato da un sasso a Genova durante un comizio di Almirante il 18 aprile 1970, è una delle prima vittime nere di quella stagione senza misericordia; Paolo Di Nella, colpito mentre attaccava manifesti, è una delle ultime il 9 febbraio 1983, a Roma.
In mezzo c'è la strage di Acca Larentia, due ragazzi falciati davanti alla sezione del MSI del Tuscolano, nella capitale, il 7 gennaio 78, un terzo, Stefano Recchioni, morto nelle ore successive negli scontri con la polizia. Questa volta, però, il Pci di Enrico Berlinguer dà la sua solidarietà senza distinzioni di colore.
Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta vengono abbattuti dai colpi di una mitraglietta Skorpion dalla storia singolare: era stata acquistata da Jimmy Fontana, il cantante, poi ricomparirà in un
covo delle Br e si scoprirà che ha firmato tre delitti pesantissimi nell'ultima stagione dell'eversione: quelli di Ezio Tarantelli, Lando Conti e Roberto Ruffilli.Ancora una volta la piazza è l'anticamera della lotta armata.
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