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Maschere e gaffe, la campagna cabaret del Pd

Calenda si traveste da Zorro, Zingaretti scivola sulla sanità. La figuraccia della Marini in Umbria

Maschere e gaffe, la campagna cabaret del Pd

Milano Può darsi che sia sempre vero che il potere logora chi non ce l'ha ma guardando ciò che succede in casa dem, sembra di poter dire che prenderla a ridere sia l'antidoto. O meglio una vera e propria strategia elettorale, se persino un tipo come Carlo Calenda, dirigente d'azienda, rappresentante permanente dell'Italia presso l'Ue, ministro dello Sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni, accusato di essere serio se non serioso, chino sui dossier economici come Leopardi sulle sudate carte, ha accettato di presentarsi negli studi di Un giorno da pecora su Rai Radio1 con maschera, cappello e spada da Zorro.

Troppo forte l'istinto di fare la parodia di Matteo Salvini, che poco prima, proprio a Un giorno da pecora, è tornato a parlare del furto subito quando non era ancora alle elementari: «Mi rubarono il pupazzo di Zorro all'asilo. II ricordo è nitido, ci rimasi male». Niente da dire, se non fosse che in molti, a sinistra, senza ridere troppo, lo hanno paragonato a perdite ben più drammatiche vissute da bimbi rimasti senza casa, senza terra, a volte senza nulla. Così, un altro politico mascherato da Zorro a Milano, sia pure solo su un manifesto elettorale, è stato l'eurocandidato Pierfrancesco Majorino, molto attivo sui temi dell'immigrazione e solitamente abituato a esprimersi con il frustino: la trovata, infatti, è stata di un gruppo di sue spiritose supporter, che hanno fiutato l'aria frizzantina del partito.

In questa comicità scoperta o riscoperta, forse perché c'è poco o anche niente da perdere, nel tentativo di sconfiggere i Cinquestelle che le stanno tentando tutte per erodere il voto di sinistra alla prova del voto europeo, a volte le cadute sono involontarie. Come nel caso dello slogan elettorale che ha voluto affiggere il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «Garantiamo una sanità per tutti, non per pochi». Uno dei suoi cavalli di battaglia, riconosciutigli dagli operatori sanitari locali. Meno dagli avversari 5Stelle, che lo hanno attaccato con un video post: «Una sanità per pochi». Lo sfortunato fratello di Montalbano si è poi ritrovato tra i cabbasisi il caso Umbria, con lo spettacolo poco decoroso della presidente della Regione, Catiuscia Marini: tra dimissioni date, ritirate, riproposte, ha imbastito uno show degno del miglior Gene Gnocchi. Peccato che sia tutto tristemente vero, riguardi la salute dei cittadini, e sembri inscenato per ridicolizzare il segretario del suo partito, Zingaretti.

La vera sorpresa però si chiama Matteo Renzi. Allegro, ha rivelato al Qn che si sta preparando per correre la maratona. E in effetti lunedì scorso a Milano, in forma smagliante all'auditorium della Fondazione Cariplo, nel suo duetto con Calenda ha fatto scintille, come ai tempi perduti del Pd al 40 per cento e dell'one man show, lontanissimo dall'acidità che era diventato il suo stile quotidiano quando il potere gli attirava odi cruenti e non solo esaltanti peana. «Innanzitutto chiamatemi per cognome, altrimenti tutti pensano all'altro Matteo» si è schermito ridendo. E ancora: «Ho evitato l'accusa di stalking con un'ulteriore candidatura alle Europee». Calenda gli ha ricordato quando litigavano per le scarpe e Renzi, recidivo, lo ha preso in giro per le polacchine marroni. «Potevamo fare meglio? Certo. Ma questi dopo dodici mesi potevano fare peggio?» il Matteo dem. E poi: «L'Italia a livello internazionale non conta un'emerita cippa». Oppure: «Non è possibile che oggi se azzecchi un congiuntivo sei diventato élite». Intanto, su Facebook, che riprendeva in diretta l'appuntamento, scorrevano commenti in tono: «Renzi, dobbiamo uscire da questo fango grulloide». Che siano una tecnica, tutte queste risate, non c'è dubbio. Per capire quanto sia efficace, bisogna attendere il voto.

Se intanto a casa urlino di rabbia, chissà.

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