Coronavirus

Galli, virologo sessantottino che "okkupa" giornali e tv

Ecco chi è Massimo Galli, responsabile del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, con un passato nelle fila del movimento studentesco del '68

Galli, virologo sessantottino che "okkupa" giornali e tv

“Io solitamente sto nel mio studio bunker e macino lavoro di vario tipo, sia chiaro, ma oggi sono già a 7/8 interviste”. È ciò che rivelava Massimo Galli, responsabile del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, in un’intervista rilasciata a Selvaggia Lucarelli nel maggio scorso.

Da allora, a parte l’arrivo della seconda ondata di contagi da coronavirus, nulla sembra essere cambiato. L’infettivologo del Sacco che ha dedicata la prima parte della sua carriera a curare i malati di Hiv in sordina, ora continua a presidiare tutte le trasmissioni televisive, senza mai rinunciare agli annunci dal tono più che allarmistico. Intervenendo ad Agorà, ha chiarito che l’Italia si deve rassegnare. Ormai si tratta solo di capire "quando arriveremo alla situazione francese, non se vi arriveremo”. Insomma, secondo Galli il nostro Paese è destinato a vivere un secondo lockdown. E dai numerosissimi interventi pubblici delle ultime settimane, per Galli, la colpa di questa situazione è ovviamente degli italiani che, dopo tre mesi di quarantena, hanno vissuto una “folle estate del liberi tutti”, favoriti anche dai messaggi dei ‘negazionisti’.

La lite tra Galli e Zangrillo

Tra questi, Galli annovera anche il professor Alberto Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione dell'ospedale San Raffaele di Milano, che, differentemente da lui, tende a lanciare messaggi notevolmente più rassicuranti. Una diatriba che, negli ultimi giorni, si è riaccesa quando Zangrillo, ospite de L’Aria che tira, ha risposto a distanza alle continue insinuazioni del suo "antagonista": “Questo accusare senza mai fare chiaramente il nome è forse figlio della sua antica militanza sessantottina di cui si fa vanto; allora il nemico veniva additato senza nominarlo”.

E ha aggiunto: “Lui ha un modo molto semplice per risolvere il suo problema ed è quello di presentare una denuncia alla procura della Repubblica contro il professor Alberto Zangrillo. Io non l’ho mai nominato né accusato”. Galli, ospite di Carta Bianca, ha replicato:"Non posso querelarlo perché il reato di negazionismo e riduzionismo non esiste in questo Paese. Forse per fortuna…”. E, non pago di questo, ha aggiunto: “Ciascuno è responsabile di quello che dice e delle basi scientifiche su cui parla. Se lui ritiene di essere stato attaccato, è un problema suo. Il mio problema non è occuparmi di questa persona o di altri che hanno passato l’estate a dire cose che puntualmente non si sono avverate”. Il classico ragionamento da sessantottino: o la pensi come me o sei contro di me. D’altronde, sempre alla Lucarelli, aveva confessato che, ai tempi dell’università, era“uno dei responsabili - per quanto si possa essere responsabili a 20 anni - del Movimento studentesco di medicina, alla Statale di Milano. Nasco sessantottino e non lo rinnego”. Ma non solo. “È ancora il mio orientamento, il “come vedo le cose”, aveva sottolineato con notevole orgoglio.

L'opinione degli esperti sulla diatriba Galli-Zangrillo

Sia Galli sia Zangrillo sono vittime della sovraesposizione mediatica di cui sono stati protagonisti un po’ tutti i virologi e gli scienziati da quando è scoppiata la pandemia. “Sicuramente dovrebbero stare più in ospedale, ma in una fase come questa è anche importante informare l’opinione pubblica senza eccessi. Personalmente non mi infastidisce il loro presenzialismo, ma di più il fatto che diano messaggi troppo contrastanti”, commenta l’esperto di comunicazione Klaus Davi che aggiunge: “Quando litigavano le soubrette come la Carrà e la Goggi o lady Gaga e Madonna ci facevamo una risata. Quando litigano loro sono cavoli perché disorientano l’opinione pubblica e questo è un problema”. Davi, entrando nel merito della disputa tra Galli e Zangrillo, dice: “Le diatribe tra scienziati ci sono sempre state. In questo caso ci sono due scuole di pensiero diverse: una più allarmista e una che tende più a ridimensionare. Entrambe, però, rispondono a due scuole di pensiero scientifiche perché pure Zangrillo parla in base ai casi che sta monitorando, non si inventa le cose”.

Antonio Cassone, già Capo del Dipartimento Malattie infettive, parassitarie ed immuno-mediate dell'Iss, a differenza di molti suoi colleghi ha sempre privilegiato la comunicazione strettamente scientifica, e quando ha scritto articoli e commenti giornalistici lo ha fatto su materia di specifica sua competenza. “Il confronto quando è fatto nelle sedi opportune come le riviste scientifiche o i convegni fa bene alla scienza, i battibecchi in pubblico in tivù o in radio non fanno bene né alla scienza né alla medicina. I media – spiega - non dovrebbero far vedere, talvolta stimolandole certe sceneggiate fra esperti perché così si disorienta in maniera drammatica il pubblico che, poi, magari pensa che si dicano solo sciocchezze personalistiche e non segue i dettami corretti”.

E poi aggiunge: “Ci sono esperti che studiano più il paziente ed esperti che studiano più il virus e ognuno dovrebbe parlare in base alle sue specifiche competenze”.

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