Mattarella avverte i giudici. "Affrontare subito la riforma"

Il capo dello Stato ammonisce: "Luci su ombre e sospetti". E sulla lotta alla mafia: "O si sta contro o si è complici"

Mattarella avverte i giudici. "Affrontare subito la riforma"

E a un certo punto del discorso, nell'aula bunker dell'Ucciardone, il luogo simbolo, l'astronave dove sono finiti alla sbarra i boss di Cosa Nostra, Sergio Mattarella pronuncia la parola chiave, riforma. Si, alla magistratura, in crisi totale di «credibilità», dilaniata «da divisioni e polemiche che ne minano il prestigio e la fiducia dei cittadini», serve subito una «riforma». Lo richiedono non solo i «problemi strutturali» e i continui scandali che coinvolgono pure il Csm. Ce lo domanda pure l'Europa, infatti la riorganizzazione della giustizia, insieme a quello della burocrazia, è uno degli assi portanti del Recovery italiano: processi veloci, norme chiare e giudici che non passino il tempo a bloccare i lavori pubblici, in cambio dei 200 miliardi per la rinascita economica. Insomma, avverte il capo dello Stato, basta rendite di posizione, non mettevi di traverso.

Quasi trent'anni fa la strage di Capaci. Ora tutto sembra cambiato anche se «la mafia non è stata sconfitta definitivamente: nessuna zona grigia, omertà, tacite connivenze, o si sta contro la criminalità organizzata o si è complici». Il presidente, pressato da settimane perché intervenga sul caso Palamara, sul caso Amara e sulle altre storiacce che toccano diverse procure, sceglie il giorno del ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per rompere il silenzio. Loro due, spiega, erano «di alto valore e altissima moralità, figure nobili cadute vittime della mafia perché avvertivano la responsabilità del ruolo e della dignità della funzione, simboli di legalità, intransigenza, coraggio». Persone a cui «la società guarda con riconoscenza».

Oggi le cose vanno «in direzione contraria», dice amareggiato Mattarella. «Sistemi di contrapposizione, contese, divisioni, polemiche all'interno minano l'autorevolezza dell'ordine giudiziario». Veleni, ricatti, correnti, interessi personali. Troppa interferenza con la politica. «Anche il solo dubbio che la giustizia non possa essere sempre esercitata esclusivamente in base alla legge, provoca turbamento. E se la magistratura perdesse credibilità agli occhi della pubblica opinione, si indebolirebbe pure la lotta alla mafia».

Quindi per il capo dello Stato bisogna invertire la rotta, e in fretta. Non è la prima volta che, da presidente del Csm, lancia l'allarme, ma finora non è stato ascoltato. Così è costretto a tornare sull'argomento. «Vorrei ribadire quanto già detto nel giugno 2019 al Consiglio superiore e nel giugno 2020 al Quirinale: la credibilità della magistratura e la sua capacità di riscuotere fiducia sono imprescindibili per il funzionamento del sistema costituzionale e per il positivo svolgimento della vita della Repubblica». Non si tratta dunque una banale questione organizzativa. Qui è in ballo la tenuta democratica e sociale.

Chissà, il clima è cambiato e stavolta magari gli daranno retta. «Gli strumenti a disposizione non mancano. Si prosegua, rapidamente e rigorosamente, a far luce su dubbi, sospetti, ombre, responsabilità.

Si affrontino sollecitamente e in maniera incisiva i progetti di riforma nelle sedi cui questo compito è affidato dalla Costituzione». Al suo fianco annuisce Marta Cartabia, che pochi giorni fa ha invitato i partiti a varare le tre riforme del processo civile, penale e Csm per «non perdere l'occasione» del Next Generation Ue. Ce la faranno?

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