E no, dice Sergio Mattarella, stavolta non si può proprio fallire, mancare gli obiettivi del Pnrr non è tra le opzioni possibili. «È un impegno che abbiamo assunto in sede europea e che, ovviamente, va onorato». E anche ridiscuterlo con Bruxelles, insomma, sarà complicato. Al massimo qualche dettaglio, senza toccare l'impianto generale, perché, insiste, ricordiamoci sempre che a quel piano di rinascita, «frutto dell'iniziativa del governo e del Parlamento e condiviso con la Commissione Ue, è legato il futuro del Paese». Certo, ammette il capo dello Stato, ci sono «difficoltà» di messa a terra «che non dobbiamo nasconderci». Ci sono pure ritardi, problemi di spesa, lentezze burocratiche. La Meloni ha dato la colpa a Draghi, per averle lasciato trenta target su 55 da raggiungere entro la fine dell'anno. Il presidente non sembra aver gradito. «Dinnanzi a sfide di questa portata è richiesto l'impegno convergente delle istituzioni e di tutte le forze politiche e sociali».
Basta quindi con le lamentele, finiamola con gli scarichi di barile. «I massicci finanziamenti erogati dalla Commissione sono destinati ad accelerare lo sviluppo delle infrastrutture del Paese, colmando i divari, a partire da quello tra nord e sud». I benefici del Pnrr, spiega Mattarella nel suo discorso al festival milanese sulle Regioni, «andranno ben oltre il termine di attuazione del piano, fissato per il 2026». E dunque «opportunamente il presidente Federica lo ha definito un momento straordinario di potenziale crescita dell'Italia, e va apprezzata la disponibilità della Conferenza delle Regioni a contribuire nell'intestazione del territorio».
Il problema adesso è non perdere il treno, non vedere evaporare i miliardi in arrivo da Bruxelles per i vecchi vizi italici, per piazzare qualche bandierina identitaria. C'è perciò «la necessità di completare il programma di riforme» concordate con la Ue e, per quanto riguarda gli investimenti, «di considerare un'assoluta priorità gli obbiettivi indicati nel piano per far crescere l'economia all'insegna della sostenibilità e dell'uguaglianza».
La chiave per riuscire a centrare il bersaglio, insiste il capo dello Stato, e «nell'integrazione delle politiche pubbliche» e «nel dialogo e nella collaborazione di tutti nell'interesse del Paese». E qui si inserisce il delicato dibattito sul rafforzamento delle autonomie regionali. Mattarella è disponibile, purché si rispettino i limiti della Carta. Così elogia «entrambi i presidenti, Michele Emiliano e Massimiliano Fedriga, che hanno manifestato un atteggiamento aperto sul tema della differenziazione delle competenze», ma fissa il confine quirinalizio. «Il tutto deve avvenire attraverso la considerazione del dettato costituzionale, tenendo insieme lo sviluppo dell'autonomia con la garanzia, estesa all'intero territorio nazionale, dei diritti civili e sociali, con un'«adeguata attenzione alle esigenze perequative». Non si può dunque costruire un'Italia di serie A è una di serie B.
Serve, conclude il presidente, e non solo per il Pnrr, un lavoro di squadra, simile a quello «svolto egregiamente» dalle Regioni durante la pandemia.
«Hanno saputo valutare e adottare misure tempestive in relazione a specifiche situazioni. Sono state capaci di assunzioni di responsabilità e di scelte non facili da prendere in un momento drammatico nella vita dei nostri concittadini».
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