Guerra in Ucraina

Mattarella sta con Kiev: "O sarà come nel 1938". Ma in Ue è allarme fondi

Il capo dello Stato evoca il pericolo. Metsola: "Bilancio al limite". Bruxelles compatta: "Sostegno finché serve"

Mattarella sta con Kiev: "O sarà come nel 1938". Ma in Ue è allarme fondi

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Mattarella sta con Kiev: "O sarà come nel 1938". Ma in Ue è allarme fondi

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Un monito all'Occidente. Un avviso a quei pacifinti che nel nostro Paese vogliono spingere l'Italia a girarsi dall'altra parte e a ignorare quanto sta accadendo in Ucraina. Un messaggio chiaro e inequivocabile che è anche un manifesto di quanto e come il nostro governo si stia muovendo. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sferza l'Europa dal vertice dei capi di Stato a Arraiols, in Portogallo. Il Capo dello Stato spiega che se l'Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini con la Russia e questo, come avvenne nel secolo scorso tra il 1938 e il '39, condurrebbe a un conflitto generale e devastante, associando di fatto la Russia di Putin alla Germania di Hitler. Mattarella ha poi auspicato che si creino quanto prima le condizioni per un processo che conduca alla pace in Ucraina ma che questa dovrà essere una pace giusta, non effimera.

Parole forti, chiari e inequivocabili in un momento storico in cui, dalla Slovacchia alla fronda repubblicana negli Usa, si fanno strada scricchiolii nell'asse pro-Ucraina. Ma anche una posizione netta come quella espressa dal nostro Paese, si scontra con un problema oggettivo. «Il nostro bilancio è al limite, al punto che non può succedere che se a un Paese che si trova ad affrontare una catastrofe naturale verso la fine dell'anno viene detto che non ci sono più soldi. Se continuiamo su questa strada, nel dicembre di quest'anno i fondi attuali per l'Ucraina finiranno», ha detto la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, anche se dalla riunione Ue di Granada arriva un comunicato netto: «Continueremo a sostenere l'Ucraina e il suo popolo per tutto il tempo necessario».

Dichiarazione dei 27 che arriva dopo l'ennesimo sconsiderato attacco russo che ha fatto indignare tutti. Dopo la strage dell'altro ieri vicino a Groza, vicino a Kupiansk, dove sono stati uccisi 51 civili inermi, ieri nel mirino è finita Kharkiv dove un altro attacco contro un'abitazione ha provocato la morte di due persone, una nonna e suo nipote, un bambino di 10 anni, mentre altre 30 persone sono rimaste ferite. Lo sdegno, ha portato l'Onu a muoversi, con l'invio di una squadra per un'ispezione nel villaggio colpito l'altro ieri definito «terribile e scioccante». Nonostante questo, dal Cremlino continuano con la surreale propaganda improntata a negare l'evidenza, sempre e comunque. Specie quando questa diventa così imbarazzante e indifendibile. «L'esercito russo colpisce solo obiettivi militari. Continuiamo a sostenere che l'esercito russo non colpisce obiettivi civili. Gli attacchi colpiscono le infrastrutture, i luoghi in cui vi è una concentrazione di personale militare e ufficiali militari», ha detto candidamente il portavoce presidenziale russo Dmitri Peskov, probabilmente facendo conto del fatto che tutti al di fuori di Mosca possano per qualche motivo essere totalmente asserviti a un racconto squallido e stucchevole a cui, invece, non crede nessuno.

Una narrazione imbarazzante che potrebbe servire da scudo alle preoccupazioni. Secondo i servizi segreti britannici infatti, Mosca starebbe costruendo fortificazioni in calcestruzzo a ulteriore difesa delle trincee perché preoccupata dalla possibile svolta della controffensiva ucraina. E in alcuni Paesi, come a Tokmak, anche gli ufficiali russi hanno iniziato a evacuare le loro famiglie.

Probabilmente quelli li considerano davvero civili.

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