Il Medio Oriente in fiamme sul tavolo del G7 canadese

La crisi Iran-Israele non è in agenda ma il tema non si potrà evitare. I "grandi" dovranno mostrarsi concordi. L'incognita degli Usa

Il Medio Oriente in fiamme sul tavolo del G7 canadese
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L'eco dei bombardamenti in Medioriente - e in Ucraina - è ben presente tra le «Rocky Mountains» canadesi che ospitano un G7 sul quale già gravano le tensioni per la guerra dei dazi scatenata da Donald Trump e quelle tra Ottawa e Washington per la pretesa del presidente Usa di fare del Canada il «51esimo Stato». Il vertice di Kananaskis, che entra nel vivo, ha escluso fin da subito, per volere della Presidenza canadese, il rischio di una dichiarazione finale congiunta dei 7 Grandi. Ce ne saranno diverse, ciascuna per i vari temi sul tavolo, dall'intelligenza artificiale, ai minerali critici, ai migranti. Nessuno dei dossier ufficiali richiama le tre crisi di maggiore attualità. Ha probabilmente pesato sulla decisione di Mark Carney l'«incognita Trump», che già durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, nel 2017 e nel 2018, scosse i lavori conclusivi dei G7 italiano (rottura sui cambiamenti climatici) e canadese (lite con l'allora premier Trudeau). Per quattro leader su sette è il primo vertice: il canadese Carney, il tedesco Merz, il britannico Starmer e il giapponese Ishiba. A Giorgia Meloni, insieme a Macron e Trump, il ruolo di «veterana».

Con loro, parteciperanno alle discussioni allargate anche Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen, il premier indiano Narendra Modi, la presidente messicana Claudia Sheinbaum e il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. I 7 Grandi dovranno almeno tentare di presentarsi al mondo con posizioni concordate su Iran-Israele, Russia-Ucraina e commercio internazionale per non rischiare di condannare all'irrilevanza questi raduni annuali. Da notare il diverso approccio tra americani ed europei. Alla vigilia, da parte della Casa Bianca è stato anticipato che Trump vuole portare a Kananaskis le sue priorità. In cima alla lista, i temi economici e della sicurezza comune. Tradotto: dazi e spese per la Nato. Quest'ultima questione avrà un seguito decisivo al vertice dell'Alleanza all'Aia del 24 e 25 giugno. La pausa di 90 giorni ai «dazi reciproci» che Trump ha imposto ai partner commerciali dell'America scade invece l'8 luglio, al netto degli accordi (in realtà delle bozze), già conclusi con Regno Unito e Cina. Da parte europea, dove pure si spera in un faccia a faccia tra von der Leyen e Trump, quasi nessun accenno ai temi economici. Per gli sherpa di Bruxelles, le questioni da discutere sono soprattutto quelle dell'Ucraina e del Medio Oriente. Fonti italiane non si sbilanciano su nessuno di questi temi, in attesa dell'evolversi delle discussioni. Dall'agenda dei bilaterali tra leader, ancora in fase di definizione, si capirà qualcosa di più sull'esito di questo G7. Al momento, nessuna conferma di un faccia a faccia tra Trump e Zelensky. Questo, mentre il presidente Usa lancia la proposta di un Putin mediatore per il conflitto tra Israele e Iran e al contempo accenna a un possibile coinvolgimento Usa nel conflitto. Un segnale che è il Medioriente in questo momento la priorità di politica estera di Washington, dopo che il tycoon, che in campagna elettorale aveva assicurato di potere mettere fine alla guerra in Ucraina in «24 ore», abbia preso atto della distanza che corre tra le sue promesse e la realtà dei fatti.

I leader europei presenti a Kananaskis tenteranno di riportare l'attenzione del tycoon sul conflitto tra Kiev e Mosca, anche se la sensazione è che Trump preferisca ora concentrarsi su altro, per non esporre ulteriormente il proprio flop diplomatico.

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