Politica internazionale

Mediterraneo, l'Italia torna a essere leader

C'è chi dice che il tour della Meloni in Africa non sia altro che pura propaganda, o peggio, un sorta di versione moderna del colonialismo

Mediterraneo, l'Italia torna a essere leader

C'è chi dice che il tour della Meloni in Africa non sia altro che pura propaganda, o peggio, un sorta di versione moderna del colonialismo. Per stare ai feticci della guerra ideologica al presunto post fascismo, potremmo definirlo la campagna di Scipiona l'Africana. Ma proviamo a farci strada in queste scemenze italiche e respingiamo anche le sirene opposte della glorificazione dei 100 giorni del governo. Il viaggio in Algeria e subito dopo quello di sabato scorso in Libia con gli accordi presi sull'energia, dell'immigrazione ne parleremo a parte, segnano un ritorno da protagonista dell'Italia sulla scena del Mediterraneo. Non succedeva da più di dieci anni, dall'attacco a Gheddafi voluto soprattutto da Sarkozy e con il dilagare dell'ingerenza turca nelle questioni di un paese dilaniato dove però i nostri interessi industriali sono sempre stati altissimi. Già solo con il gas algerino nel 2024 dovremo essere indipendenti dalla Russia, poi con gli 8 miliardi investiti dall'Eni in Libia avremo dal 2026 una vera e propria fonte che servirà a tutta l'Europa. Si parla di lavoro per le nostre imprese e di infrastrutture che faranno dell'Italia il nuovo crocevia energetico continentale. È ciò che dà significato ai pomposi slogan in circolazione, la geopolitica del Sud che prende il posto di quella dell'Est. Vuol dire che con la guerra in Ucraina ancora in corso e con un quadro sempre più complesso sul piano bellico, andiamo a prendere ciò che ci serve da un'altra parte del mondo, ad altre condizioni di prezzo, oltretutto con una produzione industriale sotto controllo sia economico che politico. È la risposta migliore, non la sola ovviamente, allo shock dell'ultimo anno. La scoperta della totale dipendenza da Putin, i prezzi alle stelle, l'assenza di alternative dovute a trent'anni di politiche ambientali scellerate. No al nucleare, no al carbone, no alle trivelle, sempre in nome di un rispetto velleitario di un habitat che va protetto certo ma nell'ambito di un'armonia razionale con il progresso e i nostri bisogni. Siamo ancora qui a discutere del rigassificatore di Piombino quando altri paesi ne hanno avviato decine, del paradosso dell'Adriatico si è già detto, con la Croazia che estrae mentre noi litighiamo e litighiamo pure su come spendere i soldi del Pnrr bloccati dalla burocrazia e dai veti green. Meno male che intanto qualcosa, laggiù, nel mare si muove.

Un mare un po' più Nostrum.

Commenti