Meloni ci prova sui dazi: spostare il limite a luglio

Contatti in Usa per rinviare la stangata di Trump. E Ursula sente Donald: "Ue pronta ai colloqui"

Meloni ci prova sui dazi: spostare il limite a luglio
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La linea è chiara: svelenire il clima, evitare che ci siano fughe in avanti verbali e continuare a tenere vivo il dialogo con gli Stati Uniti. Con un primo obiettivo: fare sì che la deadline improvvisamente anticipata da Donald Trump al primo giugno venga sospesa e si possa continuare a sviluppare la trattativa diplomatica, ripristinando la scadenza iniziale del 9 luglio. Giorgia Meloni - che si prepara a una missione in Uzbekistan - mantiene vivi i contatti tanto con la Commissione quanto con l'amministrazione statunitense e continua a credere che la base della proposta dell'Unione Europea - una riduzione generalizzata dei dazi (tariffe zero per zero sui beni industriali) e un incremento degli acquisti di beni statunitensi al fine di ridurre il disavanzo commerciale bilaterale - possa rappresentare un terreno di incontro plausibile.

Intanto, ieri sera, la presidente della commissione Ursula von der Leyen ha reso conto di aver sentito il presidente Usa: «Ottima telefonata con il presidente Donald Trump - ha scritto - L'Ue e gli Stati Uniti condividono le più importanti e strette relazioni commerciali del mondo. L'Europa è pronta a portare avanti i colloqui in modo rapido e deciso. Per raggiungere un buon accordo, abbiamo bisogno del tempo necessario fino al 9 luglio».

Il problema europeo è gestire alcune divisioni e incertezze tuttora esistenti nella proposta europea, visto che gli interessi dei 27 Stati membri non sono del tutto coincidenti. Il negoziato, insomma, si presenta «complicatissimo», a sentire fonti diplomatiche, soprattutto sul fronte della questione dell'IVA, delle barriere non tariffarie e della richiesta di rendere gli standard europei meno stringenti.

Palazzo Chigi continua a osservare la regola del silenzio. Però Antonio Tajani, in una intervista al Corriere della Sera e parlando alle agenzie, manifesta fiducia nella possibilità di rilanciare il dialogo. Sui dazi, «come dovrebbe sapere chiunque ne parli, noi non trattiamo come Italia, ma tratta l'Europa. E abbiamo piena fiducia in Sefcovic e nella commissione, con cui i rapporti sono continui. A Bruxelles con il presidente Mattarella abbiamo incontrato von der Leyen, Metsola e Costa. E la premier Meloni ha facilitato il rapporto con Trump: lasciamo che le trattative proseguano. Non mi convince la retorica anti-europeista: noi siamo più forti se siamo uniti, non divisi. L'Europa serve a risolvere i problemi, non li crea».

L'impressione è che, da parte di Palazzo Chigi, non ci sia alcuna intenzione di sostituirsi o sovrapporsi al lavoro di cui si sta occupando direttamente Ursula von der Leyen e il commissario al commercio Maros Sefcovic. La speranza è che il numero uno della Casa Bianca, dopo aver alzato i toni per dare slancio alla trattativa, possa ora cercare di stringere su alcuni punti concreti, come auspica Giorgio Mulè. «L'interesse principale a trovare un accordo sui dazi è degli Stati Uniti.

Lo dimostrano i giudizi dell'agenzia Moody's: il debito degli Usa e l'affidabilità del dollaro non solo cominciano a scricchiolare, ma spaventano i mercati, con il rischio concreto che si producano effetti a catena. Faccio dunque affidamento sul pragmatismo di Trump e sulla capacità di trovare un accordo con l'Europa».

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