Marciare divisi, colpire uniti. Giorgia Meloni e Matteo Salvini rispolverano un antico motto per compattare il fronte più a destra del panorama politico italiano. L'obiettivo è comune: andare subito al voto, dopo le dimissioni del premier Matteo Renzi, e provare a vincere le elezioni.
L'asse tra Fratelli di Italia e Lega Nord non scricchiola ancora, è saldo, identico il giudizio sul nuovo governo («è identico al precedente, hanno sputato sugli italiani», tuona Giorgia Meloni), ma cominciano a emergere differenze nelle strategie per condurre l'Italia all'appuntamento elettorale. Il primo distinguo ufficiale, pubblico, si è consumato ieri mattina: la delegazione di Fratelli di Italia guidata dalla Meloni ha voluto incontrare il premier incaricato Paolo Gentiloni per le consultazioni. La leader dei Fratelli di Italia ha motivato così la scelta: «Abbiamo ritenuto per rispetto istituzionale di partecipare a questo confronto. Chiediamo a Gentiloni e al Pd lo stesso rispetto mostrato da noi. Sarebbe intollerabile un gioco delle tre carte a danno degli italiani: abbiamo chiesto a Gentiloni che il governo e il Pd si impegnino a fare la legge elettorale che per noi può essere approvata entro la fine dell'anno. Le elezioni potrebbero essere a maggio». Un messaggio da consegnare, più che agli elettori di Fratelli di Italia per sgombrare il campo da sospetti, direttamente a Matteo Salvini che, al contrario della Meloni, aveva ordinato al gruppo parlamentare della Lega Nord di disertare le consultazioni con Gentiloni unendosi alla linea del M5S. La meta resta il voto ma la strategia della Meloni imbocca una strada diversa: istituzionale, per Fratelli di Italia, di piazza, per la Lega Nord. La scelta di incontrare il premier incaricato è stata l'occasione per l'ex ministro berlusconiano di riprendersi l'autonomia politica troppe volte smarrita in favore di Salvini. Se a Roma il leader della Lega Nord deve fare i conti con Fratelli di Italia, la cui intesa politica subisce contraccolpi, al Nord Salvini ha dovuto congelare, per adesso, il dissenso interno al movimento, aperto da Umberto Bossi. Il fondatore del Carroccio aveva chiesto a gran voce il congresso della Lega Nord perché il mandato del leader della Lega era scaduto: ieri il consiglio federale ha approvato all'unanimità la proposta formulata dal vice segretario, Giancarlo Giorgetti, di prorogare il mandato di Salvini. Giorgetti ha proposto di rinviare la convocazione del congresso fino a quando si sarà chiarita la situazione di incertezza politica e la possibilità di elezioni politiche anticipate. Un Salvini che in tv e nelle piazze urla, tuona contro Alfano («Agli Esteri? Si commenta da solo») e chiede elezioni anticipate ma che in casa propria fugge dal voto congressuale. Se il consiglio federale del Carroccio, riunito a Milano, ha deciso di non esprimersi sulla linea del segretario, i problemi restano. Il fondatore Umberto Bossi va giù duro: «Salvini leader del centrodestra? Rischiamo i forconi».
Salvini replica rilanciando il vecchio cavallo di battaglia della Lega Nord, la secessione, invitando i governatori di Lombardia e Veneto, Riccardo Maroni e Luca Zaia a promuovere entro la primavera i referendum per l'autonomia delle due Regioni.
Una mossa elettoralmente intelligente per placare i malumori di una parte del partito al Nord ma che crea uno scoglio politico insormontabile rispetto a Fratelli di Italia che fa dell'indivisibilità della Nazione il valore fondante del partito. Uno scoglio che rischia di far scoppiare la coppia Salvini-Meloni, riaprendo i giochi nel centrodestra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.