
Fine dell'instabilità. Oggi il governo di Giorgia Meloni eguaglia la durata del primo esecutivo guidato da Bettino Craxi. Diventa così il terzo nella classifica dei governi più longevi della Repubblica, preceduto soltanto dal secondo e dal quarto governo di Silvio Berlusconi. E l'orizzonte, com'era chiaro sin dall'esito delle scorse elezioni politiche, non può che essere la scadenza naturale della legislatura.
Termina così la lunga stagione dell'instabilità che ha segnato gli ultimi vent'anni di politica italiana. In un Paese abituato ai rimpasti lampo e ai compromessi d'emergenza, la tenuta dell'attuale maggioranza rappresenta un'anomalia: la dimostrazione che la stabilità, quando nasce da un mandato popolare chiaro e da una leadership solida, può diventare realtà. Sembrano davvero lontani i tempi dei governi effimeri: i 119 giorni del secondo D'Alema o i 213 dell'esecutivo Letta appaiono come reliquie di un'Italia che non c'è più. "Continuità" è una parola entrata nel vocabolario politologico italiano. Il tutto nonostante tre anni di opposizione feroce, di campagne d'odio mediatico e non, di dossier spinosi (le due guerre su tutti) e di crisi internazionali, il governo Meloni non solo resiste ma consolida, cresce e convince. I sondaggi parlano chiaro: la fiducia nella premier aumenta (siamo attorno al 46.3%). Anche i due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani, godono della fiducia degli italiani. La coalizione di centrodestra è salda e maggioritaria, governando anche tredici Regioni su venti. Il partito che guida la maggioranza, Fdi, è rilevato al 30.7%. Gli elementi che descrivono lo stato di salute del governo spaziano dal successo sulla scena internazionale allo stato di salute dei fondamentali economici. L'Ue, a fatica, si sta spostando su posizioni meloniane, tanto sulla gestione dei flussi migratori, quanto sulla centralità del Mar Mediterraneo. Il Patto per il Mare nostrum e la Roadmap Ue del 2030, di soli due giorni fa, sono ennesimi segnali. Il ruolo giocato dalla nostra nazione sulla tregua nel conflitto tra Israele e Palestina, ancora, è sotto gli occhi di tutti. Poi c'è l'economia. Le agenzie di rating lo certificano: appena due giorni fa DBRS ha promosso l'Italia, segno che la fiducia internazionale segue la stabilità politica. Di segnali positivi ne erano già arrivati: l'agenzia Fitch Ratings ha promosso l'Italia da "BBB" a "BBB+". Upgrade che sono accompagnati da un calo del differenziale di rendimento fra titoli italiani e francesi. A certificarlo è stato anche il quotidiano francese Le Monde. I prossimi due anni saranno focalizzati soprattutto sulle riforme. "Nonostante l'atteggiamento ostruzionistico della sinistra - dice al Giornale il senatore Raffaele Speranzon - siamo fermi nell'intenzione di portare a casa la riforma della Giustizia, la riforma delle Autonomie e il premierato". La prima dipenderà dagli italiani, con il referendum che consentirà di confermare la separazione delle carriere e il resto dell'assetto.
"Sull'Autonomia - prosegue il senatore di Fdi - stiamo aspettando le modifiche di Calderoli, e siamo sicuri che riusciremo a completarla. Poi andremo a passo svelto per approvare anche il premierato". Che resta "la riforma più difficile" per via "dell'atteggiamento dell'opposizione".