
"C'è ancora da battersi", ma è stata evitata una "escalation commerciale" che "avrebbe avuto conseguenze imprevedibili" e "potenzialmente devastanti". Ad Addis Abeba per co-presiedere con il primo ministro etiope Abiy Ahme il summit Onu sui Sistemi alimentari, Giorgia Meloni guarda soprattutto il bicchiere mezzo pieno. E pur consapevole che l'accordo su dazi al 15% raggiunto tra Bruxelles e Washington rischia comunque di avere delle ricadute sui settori più coinvolti nell'export verso gli Stati Uniti, difende l'intesa siglata in Scozia da Ursula von der Leyen e Donald Trump. Esattamente come il cancelliere tedesco Friedrich Merz, infatti, secondo la premier la priorità era quella di sventare una guerra commerciale che dal primo agosto avrebbe potuto compromettere le relazioni transatlantiche e colpire duramente l'economia dei principali Paesi esportatori dell'Ue (tra cui proprio Germania e Italia).
Insomma, per Meloni "la base dei dazi al 15%, se ricomprende quelli precedenti che, in media, erano al 4,8%, è sostenibile". Poi, certo, "ci sono una serie di elementi che mancano", così come "non so a che cosa ci si riferisca quando si parla di investimenti e acquisto di gas" e "questo non sono in grado di valutarlo finché non avrò i dati chiari". Secondo la premier, quindi, "bisognerà andare nei dettagli ed essere certi che alcuni settori particolarmente sensibili come farmaceutica e auto siano all'interno del 15% e verificare poi le possibili esenzioni come su alcuni prodotti agricoli".
La partita, dunque, ancora non è chiusa. E pur spiegando che da Addis Abeba non ha ancora avuto occasione di sentire von der Leyen, Meloni si dice convinta che ci siano ulteriori margini per trattare, perché "quello sottoscritto" in Scozia è un "accordo di massima" e quindi "giuridicamente non vincolante". Insomma, "c'è ancora da battersi". "Italia ed Europa - spiega la premier - adesso devono sedersi, studiare i dettagli, continuare a lavorare per ottenere un accordo il migliore possibile e poi interrogarsi per come sostenere gli eventuali settori che dovessero essere più colpiti". E una delle grandi sfide sarà proprio la trattativa sui prodotti agro-alimentari, questione al centro del summit dell'Onu che per la prima volta si è tenuto in Africa. "Abbiamo deciso di organizzarlo qui - dice Meloni - non solo perché l'Italia ha una relazione speciale con l'Etiopia ma anche perché crediamo che sia essenziale coinvolgere il continente africano come protagonista nelle scelte e nelle azioni della comunità internazionale".
Un giudizio, dunque, cautamente positivo. Nella consapevolezza che serve tempo per studiare nel dettaglio l'intesa e che bisogna continuare a muoversi per salvaguardare gli interessi dell'Italia, magari strappando esenzioni in alcuni settori cruciali (come alimentare e moda) e aiuti concreti da parte di Bruxelles. Il tutto, dice la premier, "sostenendo quei settori che dovessero essere particolarmente coinvolti da questa decisione". "È questo - aggiunge - il lavoro che faremo nelle prossime ore anche parlando con le nostre associazioni degli imprenditori e con il nostro mondo industriale". E proprio ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato l'istituzione alla Farnesina di una task force permanente sui dazi per dare sostegno alle imprese.
Palazzo Chigi, invece, esclude interventi sui conti,
piuttosto pensa a una rimodulazione dei fondi del Pnrr del valore di 14 miliardi, alla riprogrammazione dei fondi di coesione a favore dei soggetti colpiti per 11 miliardi e alla modifica o sospensione del Patto di Stabilità.