Questo cielo da quasi Natale è rassicurante per chi va e viene dalla cittadella di Atreju. Il freddo qui a Roma è ancora una carezza, soprattutto se l'umidità del Tevere soffia dall'altra parte. La scommessa di questi giorni è riconoscersi. Non è tanto stare lì ancora a dirsi dove sta la destra, chi c'è dentro e chi si è perso, i santi e i demoni, chi conta e chi si ingrugna, ma provare a vedere cosa farà da grande, ora che governa in Italia e si muove in Europa quasi come a casa. Il potere, dicono, cambia le cose. C'è una ragazza eterna della vecchia guardia che fotografa con una battuta questa Atreju dove se non ci vai passi per sfigato. "Siamo diventati come Pippo Baudo". Nazionalpopolari si diceva negli anni '80. E sì, forse un po' c'è questa atmosfera democristiana, perché la stabilità di governo attira i professionisti del consenso, i maestri delle clientele e quelli che hanno sempre un favore da chiedere. Basta saperlo. Forse per questo, proprio qui a Castel Sant'Angelo, ti viene in mente Tosca di Luigi Magni, uno che per certe cose un posticino nel Pantheon se lo meritava, ma è troppo anarchico e diffidente verso chi comanda per accomodarsi tra i nuovi conservatori. "Nun je da retta Roma che t'hanno coionato".
È che questi sono giorni intensi per la metamorfosi di Fratelli d'Italia. I parlamentari del gruppo European Conservatories and Reformists, per brevità chiamati Ecr, sono stati ricevuti a San Pietro da Leone XIV. Il Papa, che fa il Papa, ha ricordato le radici cristiane dell'Europa. Nicola Procaccini, Patryk Jaki, Carlo Fidanza, Antonella Sberna e Roberts Zile gli hanno regalato la Dichiarazione di Subiaco sui principi del conservatorismo. È Procaccini, presidente di Ecr, a ricordare che a Subiaco si era rifugiato Benedetto da Norcia, creando una comunità prima di fondare il monachesimo a Montecassino. "È il patrono dell'Europa, ma a Strasburgo è praticamente sconosciuto. Non c'è neppure un comodino dedicato a lui". I conservatori europei si sono riuniti per tre giorni a Roma, nel Palazzo Naiadi di piazza della Repubblica, per fare un po' i conti con quello che stanno diventando. Questo gruppo veniva un tempo considerato marginale. "Adesso - sorride Procaccini - siamo un ponte che fa dialogare le varie anime della destra su questioni politiche concrete. Orban e Bardella che sul green deal e il futuro delle automobili votano con i Popolari. I macroniani e altri liberali europei che sull'immigrazione sostengono le nostre tesi". È la famosa maggioranza Giorgia? "Possiamo con un po' di enfasi pure chiamarla così. In realtà è una via italiana ai nodi da sciogliere e su cui di solito ogni Paese tende a guardare solo i propri interessi. È un metodo. È la logica del buon senso contro le contrapposizioni ideologiche". Ora perfino John Elkann sostiene che il furore sulla transizione ecologica ha creato un deserto produttivo. "Non è sempre bello avere ragione, perché l'Europa sta pagando i costi di certe scelte irrealistiche. Adesso le stesse aziende di automobili che criticavano i nostri dubbi ci chiedono di soccorrerle". La madreterra si può tutelare senza evocare l'apocalisse.
I "conservatori" pensano che la civiltà occidentale abbia i suoi errori da farsi perdonare, ma non sarà il capitalismo di Stato cinese, le utopie avariate del comunismo e la nostalgia di potenza di Putin a salvare il mondo. Le alternative, francamente, sono peggio. L'Occidente è libertà e democrazia. È cadute e ripartenze, con i tentativi, magari goffi, di imparare qualcosa dai propri sbagli. Non è l'imposizione di una volontà assoluta. Questa sera Giorgia Meloni sarà protagonista della Margaret Thatcher Awards Night all'Acquario Romano. Cosa hanno in comune Giorgia e Maggie? I nemici. Sono odiate dagli stessi paradigmi culturali, dalla stessa intollerante grassa ipocrisia. Poi il coraggio, una certa coerenza e come sosteneva questa estate Giuliano Ferrara lo stile. "Se solo la smettesse di occhieggiare ai No vax e ai Maga, con i quali condivide quasi nulla, stilisticamente sarebbe quasi perfetta".
Il percorso delle idee non coincide, anche se ogni tanto, quando è sola, Giorgia ci prova a sentirsi liberale. Il suo partito sta provando a non essere reazionario e a non guardarsi indietro e quando lo fa perde. Il "melonismo" è l'arte di guardare le cose con gli occhi senza fidarsi del sentito dire.