
Sul fronte interno, rivendica il diritto all'astensione ai referendum di sabato e domenica, si dice «orgogliosa» del lavoro fatto fino ad ora e ottimista sull'eventualità che il governo possa arrivare fino alla scadenza della legislatura, impresa che fino ad oggi non è riuscita a nessun presidente del Consiglio. Sul fronte estero, invece, sembra vedere decisamente più nubi. Al punto da non escludere che Vladimir Putin possa decidere di allargare il conflitto ucraino e attaccare anche l'Europa, magari coinvolgendo Moldova, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania o Finlandia.
Intervistata da Maurizio Belpietro, sul palco di Palazzo Brancaccio Giorgia Meloni parla per poco più di mezz'ora. E l'unica domanda che davvero schiva è la prima, con cui il direttore de La Verità prova a farla sbilanciare sull'eventualità che possa essere premier anche nella prossima legislatura. «Ne riparliamo il prossimo anno. Vediamo. Non mettiamo il carro davanti ai buoi», taglia corto con un sorriso Meloni. Che, come è giusto che sia, preferisce non pronunciarsi su qualcosa di così lontano. Anche se va detto che pure in privato e con diversi interlocutori di sua fiducia la premier negli ultimi mesi ha usato esattamente la stessa cautela. Che invece mette decisamente da parte quando si passa a parlare dei cinque referendum su lavoro e cittadinanza. «Banalmente ho detto che andrò al seggio perché sono un presidente del Consiglio e penso sia giusto dare un segnale di rispetto nei confronti delle urne e dell'istituto referendario. Poi - aggiunge - non condivido i contenuti dei referendum e quando non si condividono c'è anche l'opzione dell'astensione». E questo «ce lo insegna un partito serio», aggiunge ironica e mostrando a favore di telecamere un vecchio manifesto dei Ds che invitava a disertare le urne in occasione dei due referendum del 15 e 16 giugno 2003. Volantino in cui giganteggia il simbolo dei Democratici di sinistra, allora guidati da Piero Fassino, e la scritta in rosso «NON». E ancora: «Non votare un referendum inutile e sbagliato è un diritto di tutti i lavoratori». Poi, aggiunge, «c'è anche un tema di metodo» perché «molti di quelli che mi redarguiscono sono stati al governo negli ultimi dieci anni» e ora «vogliono abolire leggi fatte dalla sinistra». Insomma, «se la cantano e se la suonano, è una questione tutta interna alla sinistra» che «cerca un nemico esterno per coprire sue responsabilità». Sul merito, invece, Meloni si dice «contrarissima» a dimezzare i tempi della cittadinanza perché l'attuale legge «è ottima e tra l'altro molto aperta» visto che «siamo da svariato tempo tra le nazioni europee che ogni anno concedono il maggior numero di cittadinanze».
Sul versante della politica estera, invece, la premier è cauta. Si sbilancia solo sui dazi. «Penso che si arriverà a una ricomposizione» tra Europa e Stati Uniti, dice rivendicando «il lavoro diplomatico che l'Italia ha fatto per favorire un avvicinamento». Mentre parla di «segnali non incoraggianti» che arrivano da Mosca. Perché la ritrosia di Vladimir Putin ad aprire una trattativa seria conferma che il problema non era «una certa assertività» di Washington quando alla Casa Bianca c'era Joe Biden né l'eventualità che l'Ucraina entrasse nella Nato. Oggi, spiega Meloni, c'è Donald Trump che esclude un ingresso di Kiev nell'Alleanza atlantica e chiede che la Russia sia «reinserita nella comunità internazionale» eppure non è cambiato nulla. La conferma, secondo la premier, che Putin «cova un sogno di recupero delle aree di influenza russa», che vuole «tornare ai confini storici della Russia». Confini che, cita espressamente Meloni, potrebbero coinvolgere «Moldova, Polonia, Paesi Baltici (cioè Estonia, Lettonia e Lituania) e Finlandia». Tutti Paesi che «manifestano legittimamente la preoccupazione» che Putin possa attaccarli. D'altra parte, aggiunge Meloni, «se il disegno è quello di un'espansione non c'è niente che si possa escludere».
Infine il Medio Oriente, con l'invito
a Israele a «fermarsi per salvaguardare la popolazione civile». Questa guerra, dice, «è stata iniziata da Hamas» che «si rifiuta di liberare gli ostaggi», ma «la reazione di Israele sta assumendo contorni inaccettabili».