Meloni con l'Ucraina. "Kiev è per la pace. Adesso aspettiamo la risposta di Mosca"

Vertice con il greco Mitsotakis. La premier: "Putin è il responsabile di questa guerra"

Meloni con l'Ucraina. "Kiev è per la pace. Adesso aspettiamo la risposta di Mosca"
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Una corposa lista di accordi bilaterali, per l'esattezza quattordici, elencati dalla speaker di Palazzo Chigi che ogni volta annuncia i nomi dei ministri competenti che sfilano uno dopo l'altro a favore di fotografi per la stretta di mano e gli scatti di rito. La cerimonia che a Villa Doria Phamphilj chiude il secondo vertice intergovernativo tra Italia e Grecia va un po' per lunghe, ma suggella una partnership tra le due sponde del mar Ionio che è sempre più solida. A sette anni dall'ultimo incontro bilaterale (era il 2017, a Corfù), Roma e Atene si ritrovano infatti su un asse comune, con obiettivi condivisi su energia, difesa, trasporti, agricoltura e soprattutto politica migratoria. Un'alleanza che parte dai dossier economici, ma che si traduce anche in una sintonia culturale e strategica. Perché, dice Giorgia Meloni durante le dichiarazioni alla stampa insieme a Kyriakos Mitsotakis, «senza Italia e Grecia non esisterebbe l'idea di Occidente che conosciamo oggi».

Ma il bilaterale tra la premier e il primo ministro greco - che ha preceduto la sessione plenaria dove si sono firmati gli accordi intergovernativi - è anche l'occasione per confrontarsi sui temi principali dell'agenda europea e internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina e dalla crisi in Medio Oriente. Con Italia e Grecia, spiega Meloni, che «condividono da sempre l'impegno per la pace» e «questo vale ovviamente prima di tutto per l'Ucraina, a fianco della quale entrambi siamo stati fin dall'inizio e saremo fino alla fine». La premier, dunque, ribadisce il sostegno agli sforzi per una pace «giusta e duratura» e che «non può prescindere da garanzie di sicurezza efficaci per Kiev». Poi la presidente del Consiglio saluta con favore l'invito rivolto da Volodymyr Zelensky a Vladimir Putin per un faccia a faccia giovedì prossimo a Istanbul, luogo designato per i colloqui di pace tra i due Paesi. Perché, dice Meloni, «l'Ucraina ha accettato subito di incontrare Putin, chiarendo in pochi minuti, rispetto ad una certa propaganda, quale tra le parti coinvolte nel conflitto sia certamente a favore della pace e quale invece sia responsabile della guerra». Che è evidentemente Mosca. E ora, aggiunge la premier, «attendiamo una chiara risposta russa alla richiesta di un cessate il fuoco immediato e incondizionato», richiesta a cui «Kiev ha immediatamente aderito».

Tutti concetti che Meloni aveva ribadito anche durante la video call di sabato con i leader europei che erano a Kiev (il francese Emmanuel Macron, il britannico Keir Starmer, il tedesco Friedrich Merz e il polacco Donald Tusk). E su cui il ministro degli Esteri Antonio Tajani è tornato anche ieri, a margine della riunione ministeriale che si è tenuta a Londra nel formato Weimer+, allargato a Kiev. «La responsabilità della pace ha detto è oggi nelle mani di Putin e dipende solo dalla volontà della Russia». Poi, certo, restano le distanze con il gruppo dei cosiddetti volenterosi, soprattutto dal punto di vista strategico. Perché l'Italia, ha ribadito Tajani, continua a ritenere che «inviare truppe dei Paesi Nato al confine con la Russia non sia il modo migliore per garantire la sicurezza dopo la pace» e propende invece per «una zona cuscinetto con una presenza dell'Onu».

Sul fronte Medio Oriente, invece, la premier spiega che l'obiettivo resta «la fine delle ostilità» e «l'accesso degli aiuti umanitari a Gaza».

E ribadisce: «Appoggiamo il lavoro che i Paesi arabi stanno portando avanti per tracciare un quadro regionale di pace e di sicurezza che, a nostro avviso, deve includere anche la prospettiva dei due Stati». E in questo scenario «credo che sia molto importante anche la missione nella regione che sta per compiere il presidente Trump» e che «dagli Stati Uniti possa arrivare un impulso decisivo».

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