Meloni: "Nessuna paura il sistema italiano è solido". Assedio della Ue sul Mes

Ratifica del Salva-stati: Lagarde, von der Leyen e Macron pressano la premier. E c'è l'aut aut sulle concessioni balneari.

Meloni: "Nessuna paura il sistema italiano è solido". Assedio della Ue sul Mes

Bruxelles. Mentre i leader europei sono riuniti a Bruxelles, il tonfo in borsa di Deutsche Bank si prende la scena dell'Eurosummit e diventa il principale tema di discussione della giornata. Con un'inevitabile ricaduta sull'Italia: rendere ancora più insistente il pressing dell'Ue affinché Roma proceda finalmente con la ratifica del Mes. Questione, come è noto, particolarmente sentita dal governo italiano, visto che fino a pochi mesi fa Giorgia Meloni non ha mai nascosto la sua netta contrarietà allo strumento (proprio qui a Bruxelles, nel dicembre 2019, la futura premier manifestava sotto la pioggia davanti alla Commissione definendo il via libera al Fondo salva-Stati «una resa incondizionata ai tedeschi»). Legittimo, insomma, che il temporeggiare dell'Italia - unico dei venti Paesi della zona euro a non aver ratificato un Trattato che per entrare in vigore necessità dell'unanimità - inizi a creare qualche malumore. Non è un caso, dunque, che il presidente dell'Eurogruppo, l'irlandese Paschal Donohoe, ribadisca pubblicamente «il valore della ratifica da parte di tutti i membri» perché «questo potrebbe giocare un ruolo efficace nel modo in cui possiamo rafforzare la nostra Unione bancaria per tutti quanti». E sul punto avrebbe spinto anche la presidente della Bce, Christine Lagarde. Pur avendo assicurato a favore di telecamere che il settore bancario è «resiliente» perché «ha forti posizioni di capitale e liquidità», a margine del summit si sarebbe intrattenuta alcuni minuti con Meloni per raccomandare un rapido via libera al Mes, visto che ormai lo stallo italiano si sta trasformando in una sorta di veto di fatto rispetto a tutti i Paesi dell'Eurozona. Esattamente la stessa preoccupazione manifestata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, timorosa che l'impasse sul Mes possa portare altre turbolenze sui mercati.

Così, alla fine la premier avrebbe lasciato intravedere margini, anche perché è noto a tutti che l'Italia non ha alternative alla ratifica, a meno di non voler aprire un fronte conflittuale con l'Ue che avrebbe conseguenze imprevedibili (peraltro in un momento in cui Bruxelles ha dato a Roma l'aut aut anche sulla questione balneari). Meloni, però, chiederebbe in cambio qualche concessione sull'Unione bancaria o sul Patto di stabilità. Tra le righe, la premier quasi lo lascia intendere quando - lasciando Bruxelles - incrocia i giornalisti per un punto stampa. A chi gli chiede della ratifica del Mes, infatti, risponde che «ci sono anche altri strumenti più efficaci nell'attuale contesto». E aggiunge: «Credo che la materia non vada discussa a monte, ma a valle e nel contesto nel quale opera, in un quadro complessivo. Stamattina ci siamo confrontati sull'Unione bancaria. E in tema di backstop il Mes è una sorta di Cassazione, mentre l'Unione bancaria sono il primo e il secondo grado». Parlando più in generale del settore bancario, invece, Meloni segue sostanzialmente la linea tracciata da Lagarde. «Mi pare ci sia consapevolezza di un sistema i cui fondamentali sono solidi e che non ci sia particolare preoccupazione», spiega la premier.

E i temi più strettamente economici sono stati al centro anche del lungo faccia a faccia (un'ora e quaranta minuti) che Meloni ha avuto giovedì a tarda sera con il presidente francese Emmanuel Macron. I due si sono incontrati da soli in una sala dell'hotel Amigo e, tra le altre cose, hanno parlato sia di Patto di stabilità che di Mes. Sul primo punto, spiega Meloni, «mi pare che ci sia un ampio allineamento» con Parigi, «banalmente perché le regole servono per sostenere una strategia». Insomma, non è escluso che la Francia possa supportare l'Italia per ottenere quei margini di flessibilità legati alla crescita su cui fino ad oggi Berlino ha fatto muro. Sul secondo, invece, anche Macron avrebbe sottolineato alla premier la necessità che l'Italia proceda rapidamente alla ratifica. Infine, la transizione energetica. E il via libera alle tecnologie nucleari fra quelle compatibili.

«Condivido la posizione della neutralità tecnologica», spiega Meloni. «Quindi - aggiunge - penso che tutte le tecnologie che possono garantire gli obiettivi che l'Ue si è data debbano essere riconosciute, a prescindere se il nucleare sia usato o no in una nazione».

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