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Meloni punge Macron ma rinvia al 2023 il decreto sulle Ong. E allontana il Mes: non lo chiederemo

Linea dura con Parigi sui clandestini. I rimpatri non andranno in Cdm a Natale.

Meloni punge Macron ma rinvia al 2023 il decreto sulle Ong. E allontana il Mes: non lo chiederemo

Una giornata piena, che inizia a Montecitorio con lo scambio di auguri con deputati e senatori di Fratelli d'Italia e si conclude a sera sulla pista di Ciampino dei voli di Stato del 31° stormo, destinazione Iraq. In mezzo i saluti di Natale con i dipendenti di Palazzo Chigi, la Conferenza degli ambasciatori alla Farnesina e la sua prima da premier negli studi di Porta a Porta. Una sorta di maratona, in cui Giorgia Meloni parla a più riprese e su diversi fronti - dalla manovra all'immigrazione, passando per i rapporti con la Francia - ma sempre con la prudenza di chi non vuole entrare a gamba tesa. Anzi. L'obiettivo sembra quello opposto. E cioè evitare di alimentare polemiche. Al netto del rapporto con Emmanuel Macron, perché - al di là dei toni di circostanza - con Parigi la tensione resta ancora alta.

Così, Meloni decide di dribblare i 44 rilievi della Ragioneria di Stato sulla legge di Bilancio e si limita ad affrontare il tema manovra solo durante l'incontro con i parlamentari di Fdi. Con un approccio di ottimismo. La legge di Bilancio, dice, si può sempre «migliorare» ma non c'è stata «alcuna catastrofe» come si aspettavano i gufi. E quello che manca all'Italia è proprio un atteggiamento positivo, quella «fiducia nelle istituzioni» che «mi aspetto alla fine della legislatura». Nessun accenno, invece, alle tensioni dentro la maggioranza e alle frenate che costringeranno la Camera a votare anche la mattina della Vigilia. Solo un accenno alla cancellazione della norma sul Pos, per dire che è stato necessario perché si trattava di un obiettivo del Pnrr stabilito «dal precedente governo». E anche per la Commissione Ue, spiega Meloni, il problema «non era tanto nel merito» quanto nel non dare l'impressione del «liberi tutti». La presidente del Consiglio, poi, torna sul nodo del Mes. Per dire che l'Italia non accederà al Meccanismo europeo di stabilità («finché conto qualcosa, posso firmarlo con il sangue»), che poi in verità è cosa abbastanza scontata visto che ad oggi nessun Paese Ue ne ha fatto richiesta. Il punto, come è noto, è la ratifica del Mes, su cui serve l'unanimità e che l'Italia è il solo Paese dell'Unione a non aver sottoscritto. E su questo Meloni rimanda la decisione alle Camere: «Se ne occuperà il Parlamento».

C'è poi il capitolo migranti. Con Palazzo Chigi che aveva messo in agenda il via libera al decreto del Viminale su Ong, misure per favorire i rimpatri e semplificazione delle domande di asilo per il Consiglio dei ministri del 28 dicembre. Tutto rimandato, perché Meloni vuole affrontare il dossier con calma e seguirlo in prima persona. Se ne riparlerà, quindi, a inizio del prossimo anno. Perché, spiega, fino ad oggi «abbiamo confuso il tema dei profughi e quello dell'immigrazione». «Abbiamo penalizzato chi voleva rispettare le regole e lavorare qui», mentre «quelli che accogliamo sono, molto più banalmente, quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti». Sullo sfondo, restano le tensioni con Parigi sul tema migranti. «Frizioni che rivendico», dice la premier. D'altra parte, non è un mistero che la diplomazia italiana - Palazzo Chigi e anche la Farnesina - abbia fatto sapere all'Eliseo che Meloni non andrà a Parigi finché non ci sarà un invito ufficiale. Che, confermano fonti diplomatiche italiane, da Macron non è mai arrivato.

Oggi, invece, la premier è attesa in Iraq per «portare gli auguri di Natale» ai «nostri militari impegnati nel mondo».

E dove avrà un incontro con il nuovo presidente Latif Rashid, eletto - dopo un anno di stallo politico - lo scorso ottobre, proprio nei giorni in cui Meloni si preparava a entrare a Palazzo Chigi.

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