Guerra in Ucraina

Meloni punta sull'India di Modi per favorire la pace in Ucraina

Ieri la visita a New Delhi: cooperazione militare e su difesa. Oggi sarà ad Abu Dhabi per ricucire dopo la crisi con Conte

Meloni punta sull'India di Modi per favorire la pace in Ucraina

Abu Dhabi. Quattro giorni di viaggio tra New Delhi e Abu Dhabi. Per rinsaldare i rapporti con un'India sempre più centrale nel panorama geopolitico globale e per provare a superare le spine che negli ultimi anni (soprattutto durante i governi di Giuseppe Conte) hanno caratterizzato le relazioni tra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Insomma, per Giorgia Meloni due tappe importanti, per ragioni diverse e con conseguenze sotto il profilo della politica estera e dei rapporti commerciali. Con New Delhi, perché quella indiana è la quarta economia del pianeta e presto diventerà la prima potenza demografica del mondo, con Abu Dhabi dove la premier è atterrata ieri a tarda sera perché l'Italia è il principale partner commerciale degli Emirati nell'Unione europea (sono oltre 600 le imprese italiane che operano nel Paese del Golfo Persico, attive principalmente nei settori delle costruzioni, dell'energia, della difesa e anche nel settore bancario).

Nel bilaterale con il primo ministro indiano Narendra Modi uno dei dossier più delicati è stato però quello della guerra in Ucraina. Non solo perché l'India quest'anno è presidente di turno del G20, ma anche perché New Delhi ha sempre avuto sul punto una posizione da molti considerata ambigua. L'auspicio di molte cancellerie occidentali, insomma, è che un'accelerazione di Modi verso le ragioni di Kiev possa modificare gli attuali equilibri geopolitici (proprio ieri, sempre a New Delhi, i ministri degli Esteri del G20 non sono riusciti a trovare la quadra per una dichiarazione congiunta finale).

Il premier indiano accoglie Meloni con il picchetto d'onore e la guardia presidenziale, poi dopo circa un'ora di faccia a faccia spende parole di elogio per la presidente del Consiglio italiana, che definisce «una cara amica». Nel merito, Modi sottolinea l'importanza di tre dossier trattati durante l'incontro: la cooperazione nel settore della difesa, le esercitazioni congiunte fra i due eserciti e la coproduzione di sistemi di armi e di difesa. Poi prende la parola Meloni, che si dice «molto soddisfatta dell'incontro» e spiega che Roma e New Delhi «hanno deciso di elevare la loro relazione al rango di partenariato strategico». Poi la premier torna sulla guerra in Ucraina («una provocazione al cuore della Carta dell'Onu») e auspica che l'India, anche «in qualità di presidente di turno del G20», possa «avere un ruolo per facilitare un percorso verso la cessazione delle ostilità e una pace giusta». Invito che Modi raccoglie con la prudenza che ha sempre caratterizzato la posizione indiana, spiegando che «sin dall'inizio del conflitto l'India ha detto che la questione si può risolvere solo con il dialogo e la diplomazia». Resta sullo sfondo la questione ovviamente dirimente della «pace giusta» evocata da Meloni.

Dopo il bilaterale e le dichiarazioni congiunte alla stampa, la premier (che ha portato con sé la figlia Ginevra, come già accadde al G20 di Bali) ha partecipato al pranzo ufficiale offerto da Modi alla Hyderabad House, per poi essere ospite nel pomeriggio del Raisina Dialogue, una conferenza di geopolitica e sulla sicurezza simile a quella che si tiene ogni anno a Monaco di Baviera. Poi, dopo una visita alla presidente della Repubblica indiana, Droupadi Murmu, la partenza alla volta degli Emirati Arabi Uniti.

Rinsaldati i rapporti economici e commerciali tra Italia e India proprio durante le celebrazioni dei 75 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi (che hanno finalmente archiviato dieci anni di grande freddezza dopo il caso dell'Enrica Lexie e dei due marò), oggi per Meloni sarà dunque la volta di Abu Dhabi. Dove la diplomazia italiana dovrà rimettere insieme i cocci lasciati dal governo Conte e dall'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Nel 2021, infatti, l'Italia accusò gli Emirati Arabi Uniti di interferire nelle faccende interne dello Yemen e unico esecutivo occidentale decise unilateralmente (e senza consultarsi con l'Ue) un embargo sulle forniture militari che ebbe come conseguenza quella di ridurre i rapporti tra i due Paesi ai minimi termini.

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