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Meloni sceglie Belloni per guidare il G7

Il capo del Dis nominata sherpa della presidenza italiana. "Non c'entra la sicurezza, è la migliore"

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Sull'anno di presidenza italiana del G7 e in generale sull'agenda internazionale, Giorgia Meloni sta investendo molto e non da oggi. Eppure con l'ambasciatore Luca Ferrari, sherpa del G7 della presidenza del Consiglio, il rapporto non è mai davvero decollato. Così, certamente a sorpresa visto che mancano ormai solo tre mesi al summit dei capi di Stato e di governo che si terrà in Puglia tra il 13 e il 15 giugno, la premier ha deciso un inatteso cambio in corsa: la rimozione di Ferrari, che lunedì il Consiglio dei ministri nominerà ambasciatore in una sede comunque cruciale come Tel Aviv, e la sua sostituzione con Elisabetta Belloni, attuale capo del Dis (in scadenza a dicembre). Per ore si rincorrono voci su un imminente riassetto dei Servizi e su una possibile incompatibilità fra le due posizioni, finché è Palazzo Chigi a sciogliere il nodo: Belloni assume sì l'incarico di sherpa del G7, ma resterà a capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Un duplice ruolo certamente inedito e che, pare, alla Farnesina non abbia suscitato entusiasmi.

Una decisione che qualcuno lega alla vicenda del presunto dossieraggio e altri attribuiscono invece ai timori della premier sul fronte sicurezza in vista dei vari appuntamenti italiani del G7, a partire da quello dei leader dei Sette grandi a Borgo Egnazia a metà giugno. Meloni però smentisce entrambe le ricostruzioni e, interpellata dai cronisti durante la sua visita a Pordenone, spiega che la nomina di Belloni «è un fatto di facilità di lavoro» perché «ha un enorme esperienza» (diplomatica e poi ambasciatrice, è stata la prima donna a ricoprire l'incarico di segretario generale del ministero degli Esteri). La premier, poi, insiste sul fatto che la nomina non è dovuta a «un tema di sicurezza», ma è solo la conseguenza della scelta di spostare Ferrari su «una sede delicata» come Israele. Belloni, insomma, è l'unico profilo in grado di gestire in corsa un dossier complesso e imminente come il G7 italiano. Basti pensare che già la prossima settimana - il 14 e 15 marzo - è in programma a Verona e a Trento il primo G7 ministeriale su industria e tecnologia.

Una scelta dettata anche da un rapporto fiduciario che tra Meloni e Belloni - nominata segretario generale della Farnesina da Paolo Gentiloni e al Dis da Mario Draghi - è sempre stato solido. Tanto che a novembre la premier l'avrebbe voluta come consigliere diplomatico di Palazzo Chigi al posto di Francesco Talò, rimosso dopo lo scherzo telefonico dei due comici russi. D'altra parte, già nel gennaio 2022 quando in Parlamento si ballava per le elezioni che avrebbero riconfermato Sergio Mattarella al Colle, Meloni era tra i sostenitori della candidatura Belloni. Insomma, un'intesa solida e duratura.

Durante la sua visita a Pordenone, la premier torna anche sulla questione del presunto dossieraggio e spiega che il governo «ha già fatto un intervento sulle banche dati che è nel ddl cyber» e che «se ci fossero state queste norme sarebbe stato più difficile fare quello che abbiamo scoperto». La premier, poi, non chiude al terzo mandato dei governatori, tanto caro alla Lega. «Sono laica ed è un tema su cui deve decidere il Parlamento», dice entrando alla Fiera Ortogiardino di Pordenone insieme ai ministri Raffaele Fitto e Luca Ciriani.

Chissà che possa davvero essere una mano tesa a Matteo Salvini, visto che le acque agitate nella maggioranza iniziano a creare qualche problema anche in Parlamento. Basti pensare che la sera di martedì scorso - con una decina di deputati del centrodestra a Pescara per il comizio a sostegno di Marco Marsilio - alla Camera la maggioranza non è andata sotto per un solo voto (104 a 103) sul ddl di riforma del codice della strada tanto caro a Salvini. C'erano molte assenze in casa Lega, Fdi e Fi.

Ma salvarsi in corner con l'azzurro Alessandro Cattaneo che rientra correndo per il voto decisivo non dà certo l'immagine di una maggioranza solida.

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