Meloni tace ancora sul caso Delmastro. E vola a Berlino seguita dall'ombra di dubbi e polemiche

Oggi tappa a Stoccolma e in Germania. Ma da giorni tutti aspettano una parola

Meloni tace ancora sul caso Delmastro. E vola a Berlino seguita dall'ombra di dubbi e polemiche

Un quarto di Europa, con i viaggi in programma oggi a Stoccolma (arrivo alle 10.15) e Berlino (15.30). E con quella tedesca che è la prima cancelleria europea di peso che Giorgia Meloni visita da quando 104 giorni fa si è insediata a Palazzo Chigi. Un quarto di dossier migranti, perché gli argomenti trattati oggi nella doppio bilaterale in programma tra Svezia e Germania avranno come obiettivo il Consiglio straordinario Ue in programma la prossima settimana (il 9 e 10 febbraio) a Bruxelles, dedicato alla risposta europea al piano di sussidi green degli Stati Uniti (l'Inflation reduction act) e alla gestione comune dei flussi migratori. Un altro quarto di polemiche sul caso Cospito e, infine, l'ultimo quarto di scontro sulla richiesta di dimissioni per il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, e il vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli. Due fedelissimi della premier, il primo plenipotenziario di Fdi a via Arenula, il secondo numero uno di fatto del partito che, come è noto, qualche bega interna la sta passando. Basta aggiungere tre foglie di menta e una spruzzata dei quattro giorni in cui Meloni ha deciso di non proferire parola sulla vicenda nonostante una telefonata in diretta mercoledì a Stasera Italia su Rete4 e un'intervista registrata di 34 minuti ieri sera a Dritto e rovescio (sempre Rete4) per capire quanto il cocktail sia esplosivo. E quanto la presidente del Consiglio rischi oggi di portarsi dietro a Stoccolma e Berlino lo strascico delle polemiche di casa nostra.

In Svezia, la premier ha deciso di andare per dare un segnale alla presidenza di turno dell'Ue, che in questo primo semestre del 2023 è in capo a Stoccolma. Mentre la Germania è evidentemente da sempre uno dei nostri principali interlocutori, con cui è necessario collaborare anche su un dossier chiave come quello dei migranti. Come la Francia, d'altra parte. Tanto che a Palazzo Chigi la visita all'Eliseo è già stata messa in calendario ed è ormai imminente.

Eppure, oggi Meloni suo malgrado si porterà dietro il fardello delle polemiche di casa nostra. Con l'opposizione che continua a chiedere in blocco le dimissioni sia di Delmastro che di Donzelli. Sul punto la premier ha scelto di non intervenire. Perché è consapevole che il tema è più che sensibile. Se a Stoccolma o a Berlino incrocerà i giornalisti italiani, infatti, è davvero improbabile che nessuno le chieda di dire la sua sulla querelle. D'altra parte, è il centro dello scontro politico da giorni, con il Quirinale che si guarda bene da veicolare indicazioni in proposito ma che è evidentemente in grande imbarazzo. E con la Camera che sempre oggi annuncerà la composizione del giurì d'onore, nominato dal numero uno di Montecitorio Lorenzo Fontana. La presidenza del giurì non andrà né a Giorgio Mulè, perché l'azzurro si è chiamato fuori avendo già criticato duramente Donzelli, né a Fabio Rampelli, perché il vicepresidente della Camera di Fdi su indicazione di Meloni è stato commissariato proprio da Donzelli per la sua gestione della federazione romana del partito. Incomprensioni e faide all'interno del centrodestra e di Fratelli d'Italia che spingono il pentastellato Sergio Costa verso la presidenza del giurì. Nomina che dovrebbe arrivare oggi, proprio mentre Meloni vola tra Stoccolma e Berlino. Insomma, impossibile che non sia un tema di dibattito.

Anche perché prendono sempre più piede le voci che vedono Delmastro vicino alle dimissioni. Lui smentisce, firma accordi sindacali con la polizia penitenziaria e li comunica come a dire che il suo ruolo di sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap non è in discussione.

A sera incontra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che poi fa sapere che «una limitata divulgazione non viola il segreto». E difende a spada tratta Delmastro e Donzelli: «I documenti citati non erano né secretati, né classificati».

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