La memoria corta di Conte: era un fan dell'autonomia

Nel 2019 giurava: "Si farà perché fa bene agli italiani". Oggi fa il capopopolo per abrogarla

La memoria corta di Conte: era un fan dell'autonomia
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«Per l'autonomia ho una sola parola: si farà, ci stiamo lavorando. Dobbiamo interloquire con il Parlamento e lo coinvolgeremo perché cede competenze e vuole partecipare in modo attivo a questo processo, non subirlo passivamente. Abbiamo preso un impegno solenne: lavoreremo per realizzare la richiesta autonomia, nel rispetto di tutti i principi costituzionali». A pronunciare parole così nette non è Matteo Salvini ma Giuseppe Conte che il 7 aprile 2019 appoggiava, con forza e determinazione, la riforma approvata nelle settimane scorse dal centrodestra in Parlamento. È lo stesso Conte, il leader del M5s, non certamente il neoallenatore del Napoli, che oggi gira in lungo e largo l'Italia dicendo corna e peste della riforma leghista e spera nel referendum per cancellare quella stessa riforma che appena cinque anni fa rivendicava come sua grande vittoria. Conte era un fan sfegatato dell'autonomia differenziata. Forse ci credeva più di Salvini e Zaia, rileggendo le dichiarazioni dell'epoca.

Ecco un'altra chicca. Il 12 luglio del 2019 l'allora premier grillino non aveva dubbi: «L'autonomia differenziata si farà. Si farà bene, in modo ragionevole, nell'interesse dei cittadini lombardi, veneti. E soprattutto nell'interesse dei cittadini italiani».

E poi ancora il 21 luglio 2019 l'avvocato del popolo rilanciava la sua battaglia sull'autonomia con una lettera (quasi commovente) rivolta direttamente alle popolazioni del nord: «Cari cittadini della Lombardia e del Veneto, ritengo doveroso rivolgere, a voi direttamente, un chiarimento. Su molti giornali stanno montando le polemiche sul tema dell'autonomia differenziata, alimentate anche da dichiarazioni di esponenti delle forze di maggioranza, ma in particolare dalle prese di posizione dei governatori delle vostre Regioni. Il progetto riformatore è molto importante sul piano politico e molto complesso sul piano giuridico, ed era prevedibile che approssimandosi i passaggi decisivi la tensione politica e mediatica salisse sempre più. Per me l'autonomia non è una bandiera da sventolare ma una riforma che farà bene a voi e all'Italia».

Certo erano i tempi del governo gialloverde. Il Conte leghista e federalista era un abito da indossare per tenere calme le acque tra Lega e M5s. Ma la giravolta di oggi dell'ex premier è un monumento all'incoerenza. Il leader grillino ha cambiato idea su molte cose. Dall'immigrazione alla sicurezza. Ma un cambio di linea così netto e spudorato non s'era mai visto. Il 2 agosto scorso, Conte, quello del «ho una sola parola, l'autonomia si farà», dai suoi canali social lanciava l'affondo: «Un segnale potentissimo, una grande ondata di partecipazione che ci ha portato alle 500mila firme in pochissimi giorni contro la legge sull'autonomia differenziata. I cittadini non si fanno ingannare e stanno aderendo in massa all'appello per l'abrogazione. Non vogliono vivere in un'Italia divisa, frammentata in tante regioni e in tutte le materie, dalla sanità all'istruzione, dai trasporti al commercio. Hanno compreso che ci rimetteremmo tutti, nessuno escluso. Non ci fermeremo qui, è solo l'inizio». Un capolavoro.

Addirittura nel blog del M5s tra i punti principali del governo grillino per l'Italia al numero 6 campeggiava il progetto di autonomia differenziata da sostenere e assecondare.

Perché l'avvocato ha cambiato idea? La battaglia sul referendum contro la riforma del centrodestra un po' Conte l'ha subita. L'ha dovuta ingoiare, dopo il flop alle europee, per evitare di restare isolato nel campo largo. Anche a costo di apparire come una banderuola che cambia idea e battaglia a seconda della convenienza politica.

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