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Mes, Giorgetti in dribbling sui diktat Ue

Il ministro tenta uno "scambio" su Patto e banche. Bruxelles dice no

Mes, Giorgetti in dribbling sui diktat Ue

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«Se si inizia a collegare tutto con tutto, diventa più difficile fare progressi». Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, ieri al termine dell'Ecofin non ha risparmiato la solita stoccata all'Italia che vorrebbe abbinare la ratifica del Mes alla riforma del Patto di stabilità e della garanzia europea dei depositi bancari (Edis). «Il trattato di riforma del Mes è stato approvato da tutti, quindi è importante che gli Stati membri procedano alla ratifica», ha aggiunto precisando che il ministro Giorgetti «ha fornito anche ieri alcuni aggiornamenti sullo stato di avanzamento dei lavori in Italia».

Giorgetti, nel corso del suo intervento alla riunione dei ministri finanziari dell'Ue, aveva specificato che l'obiettivo comunitario dovrebbe essere «perseguire la stabilità finanziaria». Una velata critica all'impostazione finora data alla riforma del quadro normativo per la gestione delle crisi bancarie. L'obiettivo della Commissione Ue è definire un quadro regolatorio che faccia veramente funzionare il bail in (cioè i salvataggi con mezzi propri delle banche in difficoltà), aprendo ai fondi di tutela finanziati dagli stessi sistemi bancari, come il Fitd in Italia. Allo stesso tempo, si definirebbe uno schema europeo di garanzia dei depositi fino a 100mila euro finanziati sia dagli stessi fondi nazionali che dal Single Resolution Fund della Bce. Quest'ultimo, a sua volta, può accedere - come extrema ratio nel caso di crisi significative - anche alle risorse del Mes. L'uso dei regimi nazionali di garanzia dei depositi nazionali nelle crisi bancarie «dovrebbe essere permesso come soluzione meno onerosa», ha ribadito Giorgetti.

L'enfasi del titolare del Tesoro non è superflua perché il Fitd italiano è già intervenuto con successo in Carige (dopo essere stato bloccato dall'Ue su Popolare di Bari). Ma far rientrare questo schema in un ambito comunitario non va bene alla Germania e ai suoi alleati «frugali» che temono di dover finanziare le crisi di banche straniere e, dunque, di Paesi poco virtuosi. Non a caso, ieri il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha rimarcato di non riuscire «a immaginare progressi sulle regole per trattare le esposizioni delle banche al rischio sovrano per cui dubito che ne vedremo sullo schema europeo di garanzia dei depositi bancari». Il ragionamento è semplice quanto sottilmente diabolico ed è uno dei capisaldi di Berlino da quando governava Merkel (Lindner è liberale dunque più vicino alla Cdu che non ai socialisti di Scholz; ndr): in caso di crisi vanno coinvolti non solo azionisti e obbligazionisti ma anche i portafogli delle banche, spesso costituiti di titoli di Stato acquistati perché garantiti anche dalla Bce che li compra.

Il Mes salva-banche diventa così la Troika che impone il default del Paese in cui hanno sede gli istituti «beneficiati».

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