Europa

Mes, oggi all'Eurogruppo un altro ultimatum. Meloni resiste: "Una lettera scarlatta, si cambi"

Il premier non chiude però alla ratifica, ma spinge per ampie modifiche

Mes, oggi all'Eurogruppo un altro ultimatum. Meloni resiste: "Una lettera scarlatta, si cambi"

L'Eurogruppo che si apre oggi a Stoccolma ha un'agenda ufficiale (lo stato di attuazione delle riforme per l'Unione bancaria) e una ufficiosa (la discussione della proposta di riforma del Patto di Stabilità). Vi è anche un terzo punto all'ordine del giorno: convincere l'Italia a ratificare il Mes. Il nostro Paese è l'unico dell'Unione a non aver consentito ancora al Parlamento di esprimersi sulle modifiche al Trattato istitutivo del Fondo salva-Stati.

La Commissione ha intenzione di fare pressing sul ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il governo Meloni è in carica da sei mesi, un tempo sufficiente a valutare il dossier, soprattutto dopo che nello scorso dicembre il Bundesverfassungsgericht tedesco ha dato il via libera al Mes. Essendosi Roma agganciata al verdetto della Corte costituzionale di Karlsrühe, non avrebbe più motivo di temporeggiare. I ddl di ratifica, proposto da Pd e Iv, sono fermi da quasi due mesi in commissione Esteri alla Camera e l'approdo in Aula non è calendarizzato.

L'argomento del contendere è molto simile a quello che prossimamente vedrà l'Italia contrapporsi a Bruxelles qualora prevalesse una lettura restrittiva del Patto di Stabilità. Il Mes, infatti, dovrebbe diventare un «braccio» aggiuntivo del Fondo unico di risoluzione per le crisi bancarie. La questione, tuttavia, è quella delle condizionalità connesse all'attivazione delle linee di credito. Il salvataggio di un istituto di credito «di rilevanza sistemica» comporterebbe, infatti, l'attivazione di una serie di «paracadute» tra i quali anche il default selettivo dei titoli di Stato. Lo stesso discorso vale per le linee di credito precauzionali per quei Paesi che non dovessero riuscire ad accedere al mercato dei capitali con i propri titoli di Stato. Ecco perché Palazzo Chigi ripete da mesi che occorre «aggiornare» il Mes «trasformandolo in un veicolo per la crescita». Anche ieri a Londra ha ribadito che «nessuno lo usa perché è una lettera scarlatta». Tuttavia, sembra aver aperto a una sua sottoscrizione poiché si è chiesta. «Indipendentemenhte dalla ratifica, ha senso così com'è».In una recente intervista al Foglio, il premier Meloni aveva indicato come necessario «che alcuni strumenti dell'Ue vadano aggiornati alla luce del nuovo scenario geopolitico».

La critica di Meloni è chiara: il ricorso al Mes connoterebbe uno stigma nei confronti di coloro che lo richiedessero. Non è un caso che sia intervenuto a favore della Grecia e di Cipro, mentre Spagna, Irlanda e Portogallo si sono affrettati a rimborsarlo. Lo stesso discorso vale per il nuovo Patto di Stabilità. Non tanto per la correzione richiesta sui conti pubblici ai Paesi a elevato debito (0,85% del Pil in caso di percorso quadriennale, 0,45% se l'iter viene sviluppato su sette anni), ma per la stessa procedura di valutazione della sostenibilità del debito stesso. Come ha spiegato ieri l'ex componente italiano del board della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, «questo strumento è molto complesso e poco trasparente. In queste condizioni, ha proseguito, «sarà difficile per un ministro dell'Economia preparare il Def, che non potrà essere modificato per quattro anni anche se cambia il contesto: ciò aumenta la rigidità del sistema».

In questo modo, ha concluso, potrebbero amplificarsi le «tensioni tra la Ue e le capitali, in particolare Roma, perché non sono chiari i criteri di valutazione».

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