
Per la prima volta il concetto di Paese terzo sicuro, e che venga definito tale dai singoli Stati nazionali, entra nel pacchetto di norme proposto dalla Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen (foto) per «accelerare le procedure d'asilo» e per «ridurre la pressione» migratoria sull'Europa. È lo stesso che aveva già applicato il governo italiano, nonché il motivo per cui si era aperto lo scontro con i magistrati sulle procedure accelerate nei centri in Albania. Ma già l'avvocato generale della Corte di giustizia europea, in attesa della sentenza che dovrebbe arrivare a giorni, aveva ribadito che «uno Stato membro può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo».
L'obiettivo della Commissione è alleggerire i flussi «preservando le garanzie giuridiche e assicurando il rispetto dei diritti fondamentali». La stretta però è dirompente e potrebbe innescare una valanga di ricorsi. Ma anche qui, c'è una norma nel testo mirata a evitare gli appelli strumentali.
L'esecutivo europeo stringe le maglie dei criteri di accoglienza, prevedendo che «il collegamento tra il richiedente asilo e il Paese terzo sicuro non sia più obbligatorio», ma venga definito dal diritto nazionale. E che anche «il transito attraverso un Paese terzo sicuro prima di raggiungere l'Ue» possa essere considerato un criterio sufficiente per il rimpatrio. Di fatto mentre ora il diritto dell'Unione impone agli Stati di dimostrare un legame tra il migrante e il Paese terzo sicuro in cui potenzialmente rimpatriarlo, con queste norme la possibilità scatterebbe anche qualora un migrante sia solo passato da quel territorio prima di raggiungere l'Europa. Chi decide se quello Stato da cui è transitato è sicuro? Non la Commissione che, ha chiarito, non fornirà alcuna lista. Spetterà dunque ai singoli Paesi Ue. Per il ministro agli Affari europei, Tommaso Foti, «la proposta di Bruxelles dimostra come la linea dell'Italia non solo è fondata, ma orienta le politiche migratorie europee». Per il Pd il pacchetto invece è «inquietante» e «potrebbe portare a violazioni del diritto d'asilo».
Il testo prevede che il rimpatrio possa avvenire anche se esiste un accordo con il Paese terzo e la garanzia che questo esamini la richiesta di asilo. La Commissione propone anche che i ricorsi contro le decisioni di inammissibilità riferite al concetto di Paese terzo sicuro, non abbiano più un effetto sospensivo automatico. La Commissione Ue però chiarisce i criteri in base a cui definire i Paesi terzi sicuri: «La protezione contro il respingimento, l'assenza di un rischio effettivo di danno grave e di minacce alla vita e alla libertà per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinione politica, nonché la possibilità di richiedere e ottenere una protezione effettiva».
Un portavoce della Commissione ha anche sgombrato il campo da equivoci, precisando che il modello non è quello adottato dal Regno Unito che rimpatria i migranti in Ruanda: «L'esempio che dovremmo considerare è l'accordo con la Turchia, considerata dalla Grecia Paese terzo sicuro al fine di rimpatriare i richiedenti asilo». Il pacchetto, che andrà negoziato in Parlamento, non si applica ai minori non accompagnati.
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