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Milano chiusa costa 1,7 miliardi. L'ira contro Conte di Sala e Fontana

L'allarme di Confcommercio: il 40% di imprese non riapriranno più dopo questo lockdown. Il sindaco si sfoga sui social per i ritardi Il governatore: uno schiaffo alla Regione

Milano chiusa costa 1,7 miliardi. L'ira contro Conte di Sala e Fontana

Salterà perfino la prima della Scala del 7 dicembre. Successo solo tre volte nella storia, roba da tempi di guerra. Milano città chiusa. Per virus, ma soprattutto per l'incapacità di un premier e di un manipolo di ministri evanescenti in tutta la loro intollerabile vuotezza. Pari solo alla loro arroganza. «Caro governo, sono le 6 di sera, un bar milanese sta chiudendo e ancora non sa se alle 6 di domani mattina potrà riaprire. Quando glielo facciamo sapere?», tuonava ieri il sindaco Giuseppe Sala (nel tondo). «Comunicare all'ora di cena che la nostra regione è relegata in fascia rossa senza motivazione credibile - gli ha fatto eco il governatore Attilio Fontana - è inaccettabile». Per di più utilizzando «informazioni vecchie di dieci giorni che non tengono conto dell'attuale situazione epidemiologica. Uno schiaffo in faccia alla Lombardia».

«Io non ho ordinato il pane e le brioches, come faccio ad aprire?», si lamentava disperato un barista in serata, quando finalmente da Roma si sapeva che il blocco era stato rinviato. Roba da non credere. E chi conosce bene quanti vivono e soprattutto lavorano in Lombardia, sa quanto il narcisismo inconcludente sia il vero peccato mortale, l'opposto del rito ambrosiano dell'operosità che sa generare profitto e allo stesso tempo solidarietà. Di fatti e parole. È per questo che intollerabile in questi giorni di angosciosa attesa è stata la melina inconcludente dei Palazzi romani. Incapaci di elaborare un qualunque piano di ampio respiro, ma pronti a condannare i lombardi agli arresti domiciliari. E a morte il 40 per cento delle imprese che dopo questa nuova chiusura non riapriranno. Perché secondo l'Ufficio studi di Confcommercio a Milano e area metropolitana la «zona rossa» costerà agli esercizi commerciali e di somministrazione 1,7 miliardi solo nel primo mese. Cifre da «disastro economico» per la sola locomotiva economica del Paese. Il problema è che in Lombardia si parla di un terziario che conta 580mila imprese e dà lavoro a 2 milioni e 625mila addetti, che ristoranti e bar sentendo voci di lockdown avevano già cominciato a chiudere man mano che si esaurivano le dispense, che i mercati generali sono deserti e i grossisti sono costretti a non ordinare più la merce ai coltivatori del Sud. Una filiera economica che va in frantumi e rischia di spezzare molte più vite di quelle salvate nelle terapie intensive.

Perché da giorni Milano è spettrale. Le saracinesche abbassate anche in Galleria, il simbolo di una città che dopo Expo e con i grattacieli delle archistar dava la scalata all'Olimpo delle grandi metropoli con un sogno capace di declinare insieme alla grande finanza mondiale e alle tecnologie del futuro, una sapienza che affonda le radici nella grande cultura umanistica che ha avuto in Leonardo, Ludovico il Moro e Bramante alcuni dei suoi grandi profeti. Un patrimonio che è sembrato così remoto quando i milanesi hanno scoperto che il crematorio di Lambrate avrebbe da ieri accettato solo le salme dei residenti. E sono tornati agli occhi i camion militari che portavano le bare lontano da casa a rendere più straziante il rito laico della cremazione. Una ferita ancor più dolorosa in una città che torna a chiedersi perché proprio qui l'occhio di questo tragico ciclone. E la risposta è ancora la stessa: a esser colpite sono la sua operosità, il darsi incessantemente da fare, lo straordinario tessuto di medie e piccole imprese, la ragnatela di attività artigianali, artistiche, culturali, le relazioni internazionali faticosamente costruite da generazioni di capitani d'industria, ma soprattutto da piccole e laboriose attività familiari. L'etica protestante del lavoro che i lombardi hanno assimilato nel dna, fondendola però con la lezione dell'agàpe che diventa caritas cristiana. Milano colpita per le sue virtù e non per i suoi vizi, come spesso accade nella vita delle persone.

E ora, drammaticamente, anche in quella di una città.

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