Milano, la linea difensiva: "Fatture per lavori veri"

Le tesi dei legali di Catella e Scandurra coincidono: "Non c'è dolo, è colpa delle regole confuse"

Milano, la linea difensiva:  "Fatture per lavori veri"
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È stata la "innegabile ambiguità di fondo" dei regolamenti comunali a determinare i comportamenti degli architetti della Commissione paesaggio. È anche impossibile affermare che le loro azioni siano dovute "a dolo", cioè a un accordo corruttivo consulenze profumatissime in cambio di pareri favorevoli ai progetti - come sostiene l'accusa. Semplicemente perché l'architetto Alessandro Scandurra, esattamente come gli altri componenti dell'organo tecnico consultivo del comune, si è astenuto ogni qual volta un "proprio" progetto, cioè da lui firmato, è approdato in commissione Paesaggio, fino al giugno 2023. Lo ha fatto sempre, invece, dopo quella data, dopo che le autocertificazioni erano state modificate, quando doveva dare un parere su quelli di aziende con cui aveva rapporti economici.

Nella memoria al Riesame, gli avvocati Giacomo Lunghini e Angelo Paris articolano con argomenti logico-fattuali la frase pronunciata dallo stesso progettista quando, con un certo candore che ha stupito il gip Mattia Fiorentini nell'interrogatorio preventivo, rivelatosi però inutile per evitargli l'arresto, ha affermato: "Se mi avessero detto fin dall'inizio di non poter ricevere incarichi da soggetti che presentavano in ogni modo alla commissione un progetto, non vi avrei nemmeno fatto parte".

I difensori sottolineano che affinché si configuri la corruzione manca la "finalizzazione di una erogazione di denaro all'impegno di un futuro comportamento contrario ai doveri di ufficio". Per di più "nella maggior parte dei casi" la partecipazione di Scandurra è avvenuta in sedute in cui la Commissione "non doveva decidere nulla" o doveva esprimersi su temi "tutt'altro che rilevanti", come i colori di progetto delle Park Towers, lo spostamento minimo degli infissi per Hidden Garden. "Se questi sono gli atti contrari dicono i legali - allora non si capisce nemmeno l'interesse in capo al corruttore".

La difesa di Scandurra converge con quella di Manfredi Catella, numero uno del big di Coima anche lui ai domiciliari e che ora ha rimesso le deleghe operative, sulla "insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza". In particolare sulla accusa mossa a entrambi di avere avuto un accordo, con tanto di dazione di denaro da 28mila euro, in cambio della partecipazione dell'architetto alla seduta della commissione per il paesaggio del 5 ottobre 2023.

Il gip la riteneva falsa e funzionale solo a celare una parcella corrisposta per l'appoggio al progetto del Pirellino. "È una fattura non affatto falsa, ma emessa a fronte di prestazioni che, come documentato, sono state effettivamente rese", sottolineano gli avvocati Francesco Mucciarelli e Adriano Raffaelli nel ricorso.

Dallo stesso lato della barricata la difesa di Scandurra, che precisa si riferisce all'attività svolta per la due diligence su due aree (comparti Cenisio 1/Messina 50 e Messina 53/ De Benedetti 1), "per un importo corrispondente a quanto indicato nel contratto".

I legali respingono la tesi del pericolo di reiterazione del reato: non solo sono cadute le deleghe di ad che ha rapporti con la pubblica amministrazione, ma reiterare il reato sarebbe impossibile ancora di più nel caso di

una Sgr che ha continue interazioni con gli organi di vigilanza. "La revoca nei confronti di un amministratore di specifici poteri gli impedisce di esercitarli in qualunque luogo", argomentano infine. La parola al Riesame.

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