E uro fabbricati in Cina, una super-banconota mai vista rifilata a Berlino, un' «italianissima zecca» responsabile di aver coniano falsi per l'intero globo. O quasi. Anche nel pianeta nostrano del crimine, probabilmente, vale il vecchio adagio «non c'è il due senza il tre», specialmente se si parla di soldi. Falsi. Pure in questo campo, ahinoi, da queste parti si brilla come monete al sole. E l'ennesima riprova è arrivata ieri con la scoperta di una montagna di euro posticci fabbricati in Cina, 12 arresti tra Palermo e Napoli e un record che più nero non si può: il più grande sequestro di monete falsificate dall'introduzione della moneta unica. Gli italiani, probabilmente, si facevano fabbricare gli euro in Cina per risparmiare (materiali, manodopera e trasporti); le banconote di qualità, venivano vendute ai ghanesi a 60 centesimi all'euro, mentre il costo scendeva fino a 40 centesimi per quelle meno riuscite.
Un meccanismo fermato dopo altre recenti indagini. Sempre a Napoli, era stata sgominata una banda di falsari riuscita a piazzare in Germania la banconota da 300 euro, poi la chiusura di una «super-zecca» produttrice del 90% degli euro finti fatti circolare nel mondo. Ma andiamo per ordine, l'operazione appena emersa.
L'inchiesta è scattata lo scorso aprile, nel corso delle indagini sull'omicidio di Massimo Pandolfo, imprenditore ucciso nel maggio 2013 coinvolto in un giro di prostituzione minorile. Era emerso che le prestazioni venivano pagate con euro falsi, dopo un sequestro passati ai raggi x dagli esperti. I tecnici alla fine avevano stabilito che i falsari sarebbero stati in grado di realizzare grosse quantità di monete, utilizzando lo stesso procedimento della Zecca vera. Invece di ottenere i coni con il bagno galvanico per elettro-erosione, i falsari hanno seguito la più elaborata tecnica della modellazione a mano con apposite matrici e con il chiaro intento di realizzare una sorta di produzione «a ciclo continuo». Una tecnica simile è stata scoperta a Palermo, nel Napoletano, Como, Modena e a Malta. E lo scorso 23 settembre è stato sequestrato un container proveniente dalla Cina. In un magazzino in Poggiomarino (i napoletani entrati nell'indagine anche per aver messo a disposizione una società che importava dalla Cina container con materiale edile), sono stati trovati 306 tubolari di metallo, ognuno dei quali contenente mille pezzi da un euro e due euro per un importo complessivo di 556.000 euro. Il locale era stato preso in affitto da un'azienda, che era stata creata ad hoc per l'importazione delle monete, un primo punto di contatto nel Belpaese con l'importatore.
La buona fattura dei soldi consente che gli euro falsi siano accettati dalle macchinette - hanno spiegato gli inquirenti -. I tipi di conio si rifanno a monete finlandesi, tedesche e italiane. Una truffa ben congeniata visto che nessuno controllava la bontà dei soldi. L'operazione dovrà proseguire in Cina, per bloccare la «Zecca» clandestina individuata a Shanghai, hanno spiegato gli investigatori dell'Arma.
E nella storia recente dell'industria del falso, resta memorabile la scoperta di una banconota record e del primato mondiale degli euro finti. Una storia legata a una banda chiamata «Napoli Group», una sorta di cartello - a suo tempo 50 finiti in manette - responsabile del 90% dei soldi europei falsificati.
Un'«industria» del crimine che non ha mancato di mettere a segno una truffa quasi surreale.Già, proprio così: nel corso dell'operazione anti-falsari erano state scoperte stamperie in Campania e nel Lazio che producevano banconote da 300 euro fatte circolare nel Paese della Merkel.
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