Guerra in Israele

Moni Ovadia si dimette dal teatro di Ferrara e gioca a fare il martire. "L'Italia è un regime"

Il direttore lascia dopo le polemiche per i commenti anti-israeliani. E accusa: "Non siamo più una democrazia, ma il nuovo fascismo, me ne vado per tutelare i lavoratori del Comunale"

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Dopo giorni di polemiche per le sue dichiarazioni su Israele, alla fine Moni Ovadia getta la spugna e annuncia che si dimetterà dal ruolo di direttore del Teatro Comunale di Ferrara. Il caso era scoppiato in seguito all'attacco terroristico di Hamas in Israele che Ovadia aveva commentato con queste parole: «Israele lascia marcire le cose, fingendo che il problema palestinese non esiste, per cancellare la stessa idea che i palestinesi esistano; e la comunità internazionale è complice: questi sono i risultati» aggiungendo «questa è la conseguenza di una politica di totale cecità, di occupazione e colonizzazione». Dichiarazioni che non erano piaciute al senatore di Fratelli d'Italia Alberto Balboni: «Come ferrarese, mi vergogno di aver accolto Moni Ovadia al vertice della istituzione culturale più prestigiosa della città come il nostro teatro. Le sue parole sono un insulto alle vittime provocate dai terroristi di Hamas contro inermi cittadini israeliani».

Ieri si è arrivati a un punto di svolta con l'annuncio di Ovadia in un'intervista al Corriere.it delle dimissioni da direttore del Teatro Comunale di Ferrara questo venerdì: «La maggioranza del Consiglio d'amministrazione e del Consiglio Comunale sono contro di me, quindi hanno tutti gli strumenti per mettermi all'angolo. Siccome sono un uomo libero, anticipo questa cosa ma constato che l'Italia è un regime, non è una democrazia neanche da lontano». Ovadia ha poi aggiunto: «Lo faccio per i lavoratori che non devono essere danneggiati. Fino a ieri ero intenzionato a non dimettermi ma a farmi cacciare, piuttosto. Dopodiché sarei andato in tribunale. Ma, ripeto, non voglio danneggiare il teatro. Non solo, questa situazione si sarebbe ripresentata continuamente, perché questo è il nuovo fascismo: stigmatizzare l'opinione delle persone criminalizzandole».

Il suo gesto, come prevedibile, ha scaldato il dibattito politico con il presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone di FdI che ha affermato: «Ho trovato inopportune le dichiarazioni di Moni Ovadia, ma le sue dimissioni sono una sua libera scelta individuale». Mollicone ha poi aggiunto: «Nel rispetto delle opinioni di ciascuno, se lui si dimette è una sua libera scelta. La sinistra dunque non crei martiri inesistenti.

Il sottosegretario alla Cultura e presidente di Ferrara Arte Vittorio Sgarbi, che pure aveva richiamato nei giorni scorsi Ovadia per le sue dichiarazioni, ne ha invece preso le difese: «le dimissioni di Moni Ovadia dal Teatro Comunale di Ferrara, ove ha il ruolo di direttore generale, sono una sconfitta della democrazia e della libertà di pensiero. L'attività culturale, anche per chi rappresenta una istituzione importante, non può essere subordinata a una posizione politica». Sgarbi ha poi rivelato: «È nata la sensazione che il consiglio comunale di Ferrara, essendo tutto contro di lui, dal Pd a Fratelli d'Italia, e da ultimo anche Italia Viva, potesse bocciare la richiesta di fondi per il teatro. Così lui si è dimesso per evitare che il teatro avesse un limite di finanziamenti per colpa sua». E ha ribadito: «Io chiedo al sindaco dunque di respingere le sue dimissioni». Elisabetta Piccolotti di Verdi-Sinistra ha difeso Ovadia, spiegando che le dimissioni sono il segno della «degenerazione» del dibattito politico italiano».

Ora la palla passa al sindaco di Ferrara Alan Fabbri che si trova in una posizione non facile: qualsiasi decisione prenderà rischia di provocare ulteriori polemiche.

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